La crisi in Venezuela è giunta ormai a livelli di emergenza per gli standard minimi accettabili dalla popolazione, come dimostrano anche i dati drammatici sulla mortalità infantile, ovvero dei decessi dei bambini entro il primo anno di vita. Nei primi 5 mesi dell’anno, vi sono stati 4.074 casi, in aumento tendenziale del 18,5% e del 50% rispetto al 2012, prima che arrivasse al potere il presidente Nicolas Maduro, successore di Hugo Chavez dalla primavera del 2013. L’attuate tasso di mortalità infantile risulta nel paese andino del 18,6%, nettamente superiore al 15,4% registrato dall’Unicef in Siria, che pure è un angolo del pianeta dilaniato da una guerra sanguinosissima e praticamente distrutto da bombardamenti stranieri, oltre che per mano dei militari e dei ribelli interni.
Allarme in Venezuela, manca di tutto
A causare questo dramma in Venezuela è l’assenza praticamente di ogni tipo di bene, che impedisce da un lato agli ospedali di rifornirsi del minimo necessario a somministrare le cure ai pazienti, dall’altro alla popolazione di nutrirsi in maniera adeguata.
E il governo di Caracas ha da poco presentato una bozza di bilancio per il 2017, che prevede un boom della spesa pubblica del 500% rispetto a quest’anno a 8.500 miliardi di bolivar, che corrispondono a circa 8,2 miliardi di dollari, tenendo conto del cambio tra la valuta locale e il biglietto verde al mercato nero. Si consideri, però, che quest’anno l’inflazione stimata dal Fondo Monetario Internazionale sarebbe intorno al 700% e che anche l’anno prossimo potrebbe accelerare al di sopra del 1.000%. (Leggi anche: Crisi Venezuela, Maduro inseguito dalla folla)
La rivoluzione fiscale di Maduro
Maduro promette di destinare il 73% delle risorse spese allo stato sociale e, in particolare, a sanità, istruzione, alloggi, una percentuale molto superiore al 42% attuale, annunciando anche che l’83% della spesa pubblica sarà d’ora in avanti finanziata dalle imposte, quando ad oggi l’80% è arrivato dai ricavi generati dalla vendita di petrolio.
Quella del governo venezuelano è stata definita una “rivoluzione fiscale”, consistente nell’imposizione di tasse sui beni di lusso, in nuove regole per le imposte sui redditi e nella lotta serrata all’evasione fiscale. Il 17% della spesa pubblica soltanto dovrebbe essere finanziato dal petrolio, mentre il restante 12% arriverà dalle entrate delle società statali. E per evitare di sovrastimare le entrate, lo stesso esecutivo ha basato il prossimo bilancio su una previsione per le quotazioni petrolifere a 30 dollari al barile.