Il Welfare State attuale non è più sostenibile. L’allarme olandese ignorato dall’Italia

L'Olanda ripensa al suo modello sociale. Nel mirino la spesa sanitaria, pari al 13% del pil. Il monarca sostiene i tagli e annuncia la fine del Welfare State e l'inizio di una "società di partecipazione"
11 anni fa
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Anche l’Olanda fa i conti con la sua austerity e il governo guidato dal premier liberale Mark Rutte ha presentato al Parlamento tagli per sei miliardi di euro, necessari per riportare il rapporto tra deficit e pil sotto il 3%, come chiede l’Europa, visto che le previsioni lo danno al di sopra di tale soglia.

Travolto da un’ondata di forte impopolarità ad appena un anno dalle elezioni anticipate del 2012, il governo di grande coalizione tra liberali e laburisti (in caso di elezioni, otterrebbero meno della metà dei seggi oggi detenuti, secondo i sondaggi) ha trovato un aiuto forse inatteso nelle dichiarazioni del Re Willem-Alexander, il quale ha commentato la presentazione dei tagli alle due Camere, sostenendo che l’Olanda si avvierebbe verso la fine dello stato sociale come lo abbiamo conosciuto, imboccando la strada di una “società di partecipazione”.

In effetti, l’Olanda ha grossi problemi con il suo welfare state, visto che la sola spesa sanitaria assorbe il 13% del pil, la più alta in Europa, in seguito a una riforma del 2006, che ha introdotto un’assicurazione pubblica obbligatoria per le cure a lungo termine e le disabilità e un’altra obbligatoria privata per i medici di base e gli ospedali.

Non è chiaro quale sia il concetto di “società di partecipazione”, né Sua Maestà avrebbe potuto dire di più. Tuttavia, è evidente che il riferimento sia a una società in cui molte forme di assistenza, attualmente a carico dello stato, siano sostenute dai cittadini stessi, attraverso una ridisegnazione dello stato sociale e una sua trasformazione in sistema più “sussidiario”.

 

Dai Piigs mai una parola sulla necessità di un nuovo stato sociale

Ma se il problema si pone nella ricca Olanda, pur investita anch’essa dalla recessione, figuriamoci quali interrogativi dovrebbero porsi i governi dei Piigs, i quali, invece, non hanno mai affrontato pubblicamente la questione della creazione di un nuovo stato sociale sostenibile.

In Italia, ad esempio, il problema della previdenza, la cui spesa eccessiva a carico dello stato sbilancia verso gli anziani la protezione a discapito di altre fasce della popolazione, è sempre stato affrontato in termini di tagli e di età pensionabile, non nel senso di una compartecipazione del pilastro privato, mai decollato, pur essendo stato previsto da anni.

Eppure, l’invecchiamento della popolazione e la bassa crescita dell’economia rendono del tutto insostenibile il modello sociale costruito in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il fabbisogno delle risorse necessarie per finanziare gli innumerevoli programmi di assistenza pubblica cresce a ritmi superiori al pil nominale, accrescendo l’incidenza della spesa statale sul pil stesso e rendendo le economie sempre meno dinamiche e più dipendenti dalla mano dei governi.

Il monito-annuncio di Re Willem-Alexander rappresenta un buon punto di partenza per pensare a come ridisegnare il nostro modo di vivere. Peccato che esso non abbia avuto alcun risalto al di fuori dei confini olandesi e che i governi meridionali si girino dall’altro lato, fingendo di non vedere il problema.

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