L’austero Mario Monti negli anni ’80 fece esplodere il debito pubblico

Monti fu uno stretto collaboratore di Cirino Pomicino nel triennio 89-92, e dunque corresponsabile dell'autentico disastro finanziario di quegli anni. Ecco l'aspetto poco noto e poco reclamizzato di colui che ora professa l'austerità ad ogni costo.
12 anni fa
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Quando si parla di Mario Monti, tutti lo ricordiamo come l’ex commissario europeo, nominato nel 1994 dall’allora premier Silvio Berlusconi (scherzo del destino), poi, riconfermato nel ruolo da Massimo D’Alema nel 1999. E da membro della Commissione fu il temibile avversario delle tendenze monopolostiche del colosso informatico Microsoft, all’epoca in cui ricopriva l’incarico sulla concorrenza e il mercato. Di lui sappiamo anche che è stato rettore della prestigiosa Università della Bocconi di Milano, oltre ad essere un illustre economista.
Insomma, un curriculum eccellente, che culmina con la nomina a senatore a vita nel novembre del 2011, quattro giorni prima di diventare presidente del consiglio, chiamato a curare un’Italia malata di debito, lui che ha fama di uomo austero.

Mario Monti: 1989 collabora con la commissione del debito pubblico

Ma c’è un periodo della vita di Monti che non viene granché pubblicizzato e che risale agli anni contestatissimi della gestione fallimentare dell’Italia, quella di fine anni Ottanta e degli inizi degli anni Novanta. Ricordate il famoso detto berlusconiano, per cui in soli dieci anni i governi italiani riuscirono a moltiplicare il debito pubblico per otto, quando il pil aumentò solo di quattro volte? Ebbene, di quegli anni fece parte politicamente anche Monti, che ne porta, quindi, parte delle responsabilità.
Nel 1989, infatti, l’attuale premier fu nominato dall’allora ministro del Bilancio, Paolo Cirino Pomicino, come suo collaboratore, all’epoca in cui c’era il governo a guida Giulio Andreotti. E sapete di cosa si occupò Monti? Fu parte di ben tre commissioni: di quella sul debito pubblico, dell’altra sulla spesa pubblica e del comitato scientifico per la programmazione economica. Insomma, ebbe un certo peso nelle politiche dei governi di allora. Ma quali furono i risultati? Nel 1989, il debito pubblico ammontava a 553 miliardi, 140 milioni e 900 mila euro, ma tre anni dopo, alla fine dell’esperienza del governo Andreotti, il debito era già esploso a 799 miliardi, 500 milioni e 700 mila euro, per un aumento percentuale del 44,53%.
E nel frattempo, il rapporto tra debito e pil saliva dal 93,1% al 105,2%.

I Governi consigliati da Monti hanno aumentato del 44% il debito

Passiamo ad analizzare, adesso, i “successi” dell’accoppiata Monti-Pomicino sulla spesa pubblica. Nel 1989, essa si attestava a 254 miliardi, 418 milioni e 970 mila euro. Tre anni dopo, era già a 371 miliardi, 209 milioni e 895 mila euro, +45,9%. La spesa era salita anche più del debito, passando dal 42,8% al 48,8% del pil. In soldoni, i governi consigliati da Monti avevano aumentato il debito di circa il 44% in tre soli anni e avevano accresciuto la spesa pubblica di oltre sei punti del pil.
Certo, si potrebbe asserire che la responsabilità della politica economica di un governo non ricade solo e tanto sulle analisi o i suggerimenti dei collaboratori tecnici, quanto sui ministri, sul premier e sulle maggioranze in Parlamento. Tuttavia, Monti non ebbe un ruolo del tutto secondario in quell’esecutivo a guida Andreotti, avendo voce in tre commissioni diverse e tutte riguardanti la politica economica. E ancora: se avesse riscontrato una sostanziale difformità tra le sue osservazioni, analisi, i suoi suggerimenti e l’attuazione pratica delle politiche da parte del governo, perché non rassegnò le dimissioni e preferì, invece, finire il mandato sino alla conclusione di quell’esperienza politica disastrosa? Non sappiamo se e quando Monti abbia manifestato un qualche dissenso sulla gestione terroristica delle finanze di quegli anni, ma ciò che sappiamo è che le sue rimostranze non arrivarono mai al punto di rimettere il mandato ricevuto. Forse che anche i tecnici tengono famiglia?