Lo stato arricchisce i burocrati e impoverisce le aziende

I manager statali italiani sono i più pagati al mondo. Un apparato burocratico che ci costa troppo e sottrae risorse allo Stato. Intanto le aziende chiudono e i poveri aumentano. Quanto potrà durare ancora?
11 anni fa
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L’orchestra balla sul Titanic che affonda. Questa è l’immagine del (fu) Bel Paese, destinato inesorabilmente a colare a picco. I mali curabili sono da sempre la pressione fiscale e la burocrazia che insieme stanno distruggendo la produttività e la crescita. Vivono ormai in simbiosi, una non può fare a meno dell’altra e insieme assorbono risorse vitali al sistema produttivo impedendo  all’Italia di agganciare la ripresa economica. Non ci fossero i soldi per riformare lo Stato, ci si potrebbe anche rassegnare in attesa di tempi migliori, ma i soldi ci sono e anche tanti: la BCE ha prestato alla banche italiane 530 miliardi di euro.

Dove sono finiti? Chi se li è mangiati? Un’orgia finanziaria di cui hanno goduto solo banchieri, partiti politici e boiardi di stato. A cominciare dai vertici, dal Quirinale, che ci costa 245 milioni all’anno, quattro volte Buckingham Palace, due volte la Casa Bianca.

 

Il capo della Polizia guadagna il doppio del collega inglese

 

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La spesa pubblica non scende neanche a cannonate. Al contrario lo Stato continua ad ingrassare la classe dei burocrati, ormai più gonfia dell’Hindeburg prima di scoppiare.  Da una parte ci sono troppi manager e funzionari statali con stipendi astronomici e dall’altra una fascia di popolazione sempre più indigente che si sta allargando a macchia d’olio. Mentre in Germania gli stipendi dei top manager statali non superano gli 80.000 euro lordi all’anno, in Italia i burocrati, promossi a pieni voti da questo o quel partito politico ai vertici di istituti ed enti con la compiacenza dei sindacati, guadagnano dieci volte tanto. Il capo della Polizia, tanto per fare un esempio, ha uno stipendio di 650mila euro all’anno, contro i 300.000 del collega inglese e i 55.000 del collega tedesco. Il presidente della RAI, azienda pubblica che perde soldi a bocca di barile, guadagna 366mila euro all’anno, mentre il collega tedesco della ARD (Arbeitsgemeinschaft der öffentlich-rechtlichen Rundfunkanstalten der Bundesrepublik Deutschland) ne porta a casa meno di 50.000.

Una vergogna da far impallidire anche i santi in paradiso poiché pur essendo la Germania più ricca dell’Italia, paga i suoi dipendenti molto meno di quanto non faccia l’Italia. Di questo passo – osservava la Bid lo scorso mese di aprile – l’Italia è destinata a collassare nel giro di un paio di anni se non riuscirà più a rifinanziare il debito pubblico. Debito che gli investitori stranieri stanno già cominciando ad alleggerire, preferendo quello della Spagna, dove le riforme hanno imposto un drastico taglio alle spese dei dipendenti statali, comprese quelle della Corona.

 

Sospensione Iva al 22%: si toglie una tassa e se ne mettono altre due 

In Italia, invece, tutto tace. Anzi, si continuano ad avanzare promozioni per bypassare il blocco dell’aumento degli stipendi pubblici. A riguardo parla solo il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni il quale riconosce che occorre applicare dei tagli alla spesa pubblica non lineari. Ma non sa da dove cominciare ed entra in confusione fra il pensiero delle dimissioni lampo e l’attaccamento alla poltrona. Così per evitare di aumentare l’Iva a ottobre al 22% propone di innalzare le accise sui carburanti e l’aumento dell’acconto Ires e Irap alle ziende. [fumettoforumright]Come il gioco delle tre carte. Introduce due nuove tasse per toglierne una, ma non pensa minimamente allo sperpero di denaro pubblico che sta arricchendo i suoi dirigenti e boiardi di stato come ai tempi dell’Unione Sovietica. Cinque milioni di italiani sono sotto la soglia di povertà e di questo passo saliranno a 8 milioni entro il 2020. Secondo i calcoli dell’Istat, gli indigenti sono raddoppiati dal 2007 e il 13% dei pensionati, quasi due milioni e mezzo, riceve meno di 500 euro al mese.

La pensione minima è di 495,43 (in Francia è di 700 euro) mentre vengono erogati miliardi di euro in pensioni d’oro. E’ una follia, una provocazione che sta diventando intollerabile. Quanto durerà ancora?

 

Chiudono 1.600 aziende al giorno, ma lo Stato continua a pagare stipendi da favola

 

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Per non parlare delle piccole e medie aziende. Ne chiudono più di 1.600 al giorno – come rivela uno studio della CGIA di Mestre – e quelle che aprono sono sempre più piccole e durano meno di 24 mesi: la pressione del fisco e la burocrazia le stronca sul nascere. Poi ci sono ditte che aspettano i pagamenti dallo Stato che non arrivano o arrivano col contagocce e in ritardo, mentre Equitalia pignora i beni di quelle che non si riescono più a pagare le imposte. Meglio non aprire proprio a questo punto o andare all’estero. E così facendo lo Stato incassa meno soldi fra tasse e contributi, ma nel contempo assicura stipendi d’oro ai suoi dirigenti e funzionari. Nel complesso la spesa per i dipendenti statali negli ultimi 10 anni è aumentata di un terzo (fra adeguamenti al carovita, indennità varie e promozioni fasulle), mentre i contratti dei lavoratori privati sono andati indietro grazie alle leggi Maroni e Biagi. Nella pubblica amministrazione ci sono dirigenti che prendono stipendi d’oro, centinaia di migliaia di euro l’anno (e qualcuno più di mezzo milione). Il presidente Obama è un morto di fame a confronto. Gli alti papaveri dello Stato italiano – secondo l’Ocse – sono i meglio pagati al mondo, con una media di 308 mila euro per i top manager. E’ una vergogna! E’ scandaloso vedere il Ministro Saccomanni che, come una mosca impazzita, cerca di andare ad alzare nuovamente le tasse ai contribuenti per tenere in piedi un apparato statale oppressivo e inutile. Qui si parla anche e soprattutto di dirigenti, presidenti e commissari di autorità indipendenti, di municipalizzate, di signorotti e burocrati con stipendi maturati in anni di privilegi e vacche grasse difesi a spada tratta dai sindacati (il 68 per cento dei dirigenti pubblici ha o aveva in tasca la tessera con il logo di Cgil, Cisl o Uil).

Se queste sono le conquiste sindacali per i diritti dei lavoratori delle generazioni che verranno, allora è meglio andarsene.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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