Mancano pochissimi giorni alla conclusione di un 2016, che non è stato avaro di eventi sul piano dell’economia mondiale e che, a tutti gli effetti, possiamo considerare di svolta per molte ragioni, specie di tipo geo-politico. Vi ricordate di gennaio? Si era aperto con le borse mondiali in tracollo sui timori per un eccessivo rallentamento dell’economia cinese. Il petrolio, già in affanno dalla metà del 2014, subisce una crisi devastante; le sue quotazioni arrivano a scendere ai livelli più bassi da inizio Millennio, nel range di 26-30 dollari al barile.
A marzo, la BCE potenzia i suoi stimoli monetari, noti come “quantitative easing”, elevandoli da 60 a 80 miliardi al mese e includendo i corporate bond non finanziari tra gli acquisti di assets consentiti. Il governatore Mario Draghi reagisce così alla deflazione in corso nell’Eurozona, divenuta un rischio ancora più forte, a seguito del crollo dei prezzi del greggio. Nel giorno dell’Immacolata, Francoforte potenzia ulteriormente il QE, allungandolo ancora di 9 mesi e fino alla fine del 2017, ma riducendone gli importi mensili a 60 miliardi, a partire dal prossimo aprile. Possono adesso essere acquistati anche bond con rendimenti inferiori al -0,4%. (Leggi anche: Quantitative easing prorogato al dicembre 2017)
La Brexit scuote i mercati
Lo shock arriva il 23 giugno. La maggioranza dei sudditi britannici vota in favore dell’uscita del Regno Unito dalla UE al referendum sulla cosiddetta Brexit, scatenando forti tensioni finanziarie sui mercati. Paradossalmente, dopo qualche seduta negativa, la Borsa di Londra tiene, mentre a cedere sono quelle del resto d’Europa, Piazza Affari in primis, colpite per la debole congiuntura dell’Eurozona e per la paura sullo stato di salute delle banche italiane, che in borsa sono arrivate a più che dimezzare il loro valore, ma anche di qualche colosso tedesco, come Deutsche Bank.
La Brexit trascina la sterlina ai livelli più bassi da oltre 30 anni. Bisogna tornare indietro al 1985 per trovare un cambio così basso contro il dollaro. Dal giorno del referendum, la valuta britannica cede ad oggi il 18% contro il biglietto verde e la metà contro la moneta unica. (Leggi anche: Brexit, negoziato in 18 mesi e sterlina risale ai massimi da 2 mesi)