104 senza vincolo di parentela: si può chiedere per un amico?

La Legge 104 consente di ottenere permessi retribuiti per assistere familiari o conviventi disabili. Sono inclusi anche gli amici?
3 mesi fa
3 minuti di lettura
permessi 104 quesito
Foto © Pixabay

La Legge 104 del 1992 rappresenta una pietra miliare nel panorama normativo italiano, garantendo ai lavoratori dipendenti la possibilità di accudire familiari in condizioni di grave disabilità senza dover rinunciare al proprio salario. Grazie a questa legge, i lavoratori hanno diritto a tre giorni di permesso mensile, che possono anche essere ripartiti in ore, per prestare assistenza a persone disabili, ricevendo comunque un’indennità che viene anticipata dal datore di lavoro e poi rimborsata dall’INPS. Questi permessi, noti comunemente come “permessi 104”, sono riservati a determinate categorie di persone.

Tra i beneficiari, infatti, rientrano i lavoratori che si occupano di:

  • Genitori, sia biologici che adottivi o affidatari, con figli in condizioni di grave disabilità.
  • Coniugi, partner in unione civile e conviventi di fatto.
  • Parenti o affini fino al terzo grado affetti da gravi disabilità.

In aggiunta, la persona disabile stessa può richiedere questi permessi per usufruirne direttamente.

Un aspetto interessante della Legge 104 riguarda la possibilità di usufruire dei permessi non solo per assistere familiari diretti, ma anche altre persone con cui si condivida una relazione di tipo affettivo. La domanda giunta in redazione è la seguente:

“E’ possibile ottenere i “permessi 104″ per assistere un mio amico disabile che non ha parenti che possono rientrare tra quelli ammessi a chiedere detti permessi?”

Come assistere l’amico disabile con i permessi 104

Come detto in premessa, la normativa prevede i permessi possano essere estesi anche ai conviventi di fatto. Questo concetto di convivenza di fatto è stato introdotto e regolamentato dall’articolo 1, commi 36 e 37, della Legge 76 del 2016. Secondo questa disposizione, per beneficiare dei permessi, la convivenza tra il lavoratore e la persona disabile deve essere dimostrata tramite una dichiarazione anagrafica. Come indicato nel D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.

In altre parole, non è sufficiente il semplice legame di amicizia per poter usufruire dei benefici della Legge 104. È necessario dimostrare che il lavoratore e la persona disabile convivano stabilmente.

Ciò in modo che il rapporto affettivo si traduca in un impegno concreto e continuativo di assistenza. La convivenza, pertanto, diventa un requisito fondamentale per accedere ai permessi. Poiché implica un vincolo di reciprocità e supporto che va oltre il semplice legame affettivo.

La convivenza come criterio chiave

La stabile convivenza è il punto centrale che consente di estendere i diritti previsti dalla Legge 104 anche ai conviventi di fatto. Questo requisito va oltre la semplice residenza condivisa: si tratta di un legame che implica una responsabilità mutua, riconosciuta a livello giuridico attraverso la registrazione anagrafica. Il convivente, che sia amico o partner, assume un ruolo simile a quello di un familiare, con tutte le implicazioni pratiche e legali che ciò comporta.

Tale impostazione normativa risponde all’esigenza di adattare il concetto di “famiglia” alle realtà sociali contemporanee, in cui sempre più persone vivono situazioni di convivenza non necessariamente legate dal matrimonio o da vincoli di parentela. Di conseguenza, la Legge 104 si adegua a queste nuove forme di legame, consentendo di riconoscere il diritto all’assistenza anche ai conviventi di fatto, purché la convivenza sia dimostrabile in modo formale.

Anche se, se c’è convivenza di fatto, è possibile accedere è sempre importante prestare attenzione a non abusare dei permessi 104. Le conseguenze potrebbero portare anche alla perdita del posto di lavoro.

Nessuna necessità di procura o mandato

Un altro punto rilevante è che, per ottenere i permessi 104 per assistere un amico disabile convivente, non è necessario presentare alcun mandato o procura. La convivenza, una volta dimostrata, è sufficiente per accedere a questo diritto. Questo semplifica l’iter burocratico, poiché non occorre intraprendere ulteriori procedure legali, come quelle richieste in altri ambiti per l’assistenza di persone non familiari.

L’assistenza, in questo contesto, si basa sul legame affettivo e sulla reciproca convivenza, escludendo la necessità di formalità aggiuntive.

Ciò rende più agevole per il lavoratore esercitare il proprio diritto di assistere una persona a lui cara, garantendo al contempo il rispetto delle esigenze di supporto e assistenza della persona disabile.

Permessi 104 per assistere l’amico: implicazioni pratiche e giuridiche

Sebbene l’estensione dei permessi 104 a conviventi di fatto rappresenti un passo avanti nel riconoscimento delle nuove forme di famiglia, è fondamentale comprendere che questo diritto è subordinato a precisi requisiti. La dimostrazione della convivenza stabile tramite registrazione anagrafica non è un aspetto trascurabile. Essa costituisce una prova ufficiale del legame tra il lavoratore e la persona disabile, necessaria per evitare abusi o richieste non conformi alla legge.

Inoltre, è importante sottolineare che l’accesso ai permessi 104, una volta riconosciuta la convivenza, implica per il datore di lavoro e per l’INPS l’obbligo di garantire al lavoratore la continuità retributiva durante i giorni di assenza per l’assistenza. Questo rende il diritto ai permessi non solo una forma di tutela per chi assiste persone disabili, ma anche un mezzo per assicurare che tale assistenza non comporti una perdita economica per il lavoratore.

Conclusioni

La possibilità di richiedere i “permessi 104 per assistere un amico” rappresenta un’opportunità concreta per estendere i diritti previsti dalla Legge 104 a situazioni che vanno oltre i tradizionali legami familiari. Tuttavia, questo diritto è subordinato al rispetto di precisi requisiti, come la dimostrazione della convivenza stabile. In questo modo, la legge si adatta alle nuove realtà sociali. E riconosce il valore affettivo di relazioni non legate da parentela, ma basate su una convivenza reciproca e solidale.

Il lavoratore, che assiste un amico convivente, può dunque beneficiare dei permessi senza compromettere il proprio salario. Ma deve essere consapevole delle condizioni necessarie per accedere a tali benefici. La normativa, pur offrendo questa possibilità, mantiene un equilibrio tra il diritto all’assistenza e la necessità di evitare abusi. Garantendo così che i permessi siano concessi solo a chi realmente ne ha diritto.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

concordato preventivo biennale
Articolo precedente

Concordato preventivo biennale, la scheda di sintesi con i vantaggi. Ma conviene veramente?

Posso andare in pensione con 30 anni di contributi nel 2025? Ecco la risposta
Articolo seguente

Pensioni più alte, ecco la top 5 di chi prende di più