Una delle ultime sentenze dell’Arbitro Bancario Finanziario riguarda 2 buoni fruttiferi postali di 100 mila lire ciascuno emessi il 6 agosto 1986. Per essi la parte ricorrente il ricorso chiede la corretta liquidazione degli importi per gli anni dal 21° al 30°. La somma erogata per tali anni è stata determinata, infatti, considerando il rendimento della serie Q invece dell’originario rendimento della serie P come riportato dietro al titolo. Il ricorrente del ricorso chiede quindi il riconoscimento di quanto previsto in calce alla tabella posta dietro ai titoli per il periodo dal ventunesimo al trentesimo anno.
L’intermediario chiede di bocciare il ricorso: ecco perché
Poste Italiane ha chiesto di bocciare il ricorso in merito ai 2 buoni fruttiferi postali su indicati. Spiega infatti che essi appartenevano alla serie Q istituita con Decreto Ministeriale del 13 giugno 1986. I titoli erano poi collocati sul mercato mediante moduli della precedente serie P. Su di essi erano inseriti due timbri: uno davanti e l’altro dietro. Il giorno del rimborso, quindi, Poste ha riconosciuto al cliente l’importo stabilito dal DM del 1986. Parliamo dell’interesse non capitalizzato del 12% (calcolato per ogni bimestre successivo) per gli anni dal ventunesimo al trentesimo. Ha poi aggiunto che fin dalla data del rilascio, il cliente sapeva che quei buoni erano della serie Q. I timbri modificativi, infatti, erano apposti sui buoni al momento del rilascio.
La decisione del Collegio di Bari sui 2 buoni fruttiferi postali
Il Collegio di Bari ha esaminato i due buoni postali oggetto della controversia. Dall’esame documentale è emerso che Poste ha usato un modulo cartaceo della vecchia serie P per l’emissione dei titoli della successiva serie Q in modo corretto. I bfp presentavano un timbro su davanti della nuova serie Q/P e dietro uno modificativo dei rendimenti originari. Questo, però, solo fino al ventesimo anno senza disporre nulla per l’ultimo decennio.
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