Ci sono misure pensionistiche che pur con evidente vantaggio dal punto di vista dell’uscita, presentano delle limitazioni che fanno discutere. Limitazioni che subiscono i pensionati che escono dal lavoro in anticipo, e di cui si rendono conto solo nel momento in cui i diretti interessati vanno a percepire la prestazione o a trovare cifre diverse da quelle che ipotizzavano. Uno dei casi più eloquenti per spiegare questo genere di misure e il loro particolare funzionamento dal punto di vista delle regole applicate, è l’Ape sociale.
La misura effettivamente consente di uscire con largo anticipo rispetto alle regole ordinarie, ed è una misura che anche quest’anno sarà in funzione. Infatti il Governo Meloni ha deciso di prorogare la misura per quanti raggiungono i requisiti nel corso del 2023. Oggi però dobbiamo approfondire il campo parlando di una delle principali limitazioni a cui colui che lascia il lavoro con l’Ape sociale, va incontro. Ed è una delle limitazioni che più di qualche dubbio nei confronti dei pensionati, li lascia.
Il quesito posto dal nostro lettore
“Gentile redazione, mi chiamo Mario e dal primo dicembre 2021 sono titolare dell’Ape sociale. Sono uscito dal lavoro a 63 anni come lavoratore disoccupato. Dopo aver preso la pensione la prima volta a gennaio 2022, con il rateo di pensione di dicembre dello stesso anno, mi sono reso conto che non ho preso la tredicesima mensilità. Ho aperto lo Spid e ho provveduto a controllare il cedolino della pensione anche dei mesi precedenti. Una cosa che non avevo mai fatto prima. E mi sono reso conto che nonostante ho la moglie a carico, non godo degli assegni familiari. Credo che ci sia qualche errore sulla mia pensione e volevo rivolgermi o direttamente all’INPS o interessare lo stesso patronato che mi ha presentato la domanda di pensione. Voi che dite, c’è davvero qualcosa che non va nella mia pensione con l’Ape sociale?”
I diritti dei pensionati e cosa manca a chi prende l’Ape sociale
Comunicazioni spesso superficiali o prive delle giuste informazioni.
E in alcuni casi scarsa attenzione da parte dei diretti interessati ad approfondire bene l’argomento. Sono alcune delle considerazioni che si possono fare per quanto riguarda molti dei dubbi che i pensionati accumulano durante
il periodo di fruizione della loro prestazione. Dubbi che producono quesiti come quelli del nostro lettore che si trovano con il percepire una pensione non in linea con le loro aspettative. Il diritto dei pensionati a percepire il giusto trattamento o a prendere i giusti importi è sacrosanto. In risposta al nostro lettore, però, possiamo subito dire che andare al Patronato, o andare direttamente all’INPS a lamentare la mancata corresponsione della tredicesima mensilità sulla sua pensione, lascerà il tempo che trova. In altri termini, non servirà a nulla lamentare questo “difetto” nella propria pensione dal momento che sono le regole dell’Ape sociale a prevederlo. Infatti l’
Ape sociale è una misura che consente l’anticipo anche di quattro anni rispetto ai requisiti ordinari della pensione di vecchiaia. Perché in effetti si può uscire già a 63 anni di età e con 30, 32 o 36 anni di contribuzione versata. Ma non è misura esente da limitazioni, anche sulle cifre percepite con il trattamento.
Come funziona l’Anticipo pensionistico sociale anche nel 2023
Pur non avendo la limitazione fisse come possono essere quelle che impongono il ricalcolo contributivo della prestazione che per esempio vale per opzione donna, e non avendo tagli lineari di assegno per anno di anticipo, la misura non è neutra da penalizzazioni. Infatti l’Ape sociale ha dei vincoli che i contribuenti interessati a questo scivolo pensionistico dovrebbero conoscere. Ed uno di questi vicoli è proprio l’erogazione della prestazione che non è basata come le altre misure su 13 mesi bensì solo su 12.
In termini pratici con l’Ape sociale non si percepisce una pensione doppia, o quasi, a dicembre. Perché la tredicesima non è corrisposta con l’Ape sociale. Fintanto che un pensionato percepisce l’Ape, non prenderà la tredicesima. E senza errori da parte dell’INPS o del patronato che ha prodotto domanda di pensione.
Le integrazioni al trattamento minimo INPS, perché per l’Ape non valgono
Inoltre, va anche detto che è una misura che non prevede integrazioni al trattamento minimo e nemmeno le cosiddette maggiorazioni sociali. Con l’Ape sociale queste somme aggiuntive sulle pensioni non vengono percepite. Quindi, il beneficiario della pensione in regime di Ape sociale, non percepisce nemmeno la quattordicesima mensilità che in genere i pensionati in determinate condizioni ricevono a luglio di ogni anno. E chi è in pensione con l’Ape sociale non ha diritto nemmeno a percepire l’assegno per il nucleo familiare nel caso in cui ha un coniuge a carico. Sono questi i limiti di una misura che alla fine dei conti può destare più di qualche perplessità sulla sua bontà.
A 67 anni di età la pensione cambia
Non si può non parlare anche della limitazione degli importi che con l’Ape sociale è evidente, anche se non si può parlare di taglio. Per tutta la durata dell’anticipo con l’Ape sociale il pensionato non può percepire più di 1.500 euro al mese. Oltretutto la misura cessa di essere percepita dal pensionato a partire dal mese del compimento dei suoi 67 anni di età. In altri termini l’interessato
una volta compiuti 67 anni di età deve provvedere a presentare domanda di pensione di vecchiaia in sostituzione dell’Ape sociale precedentemente percepita. In quel caso per il pensionato verrebbero meno tutti i vincoli precedentemente sottolineati. A 67 anni il diretto interessato entrerà nel perimetro della tredicesima, così come della quattordicesima e delle altre maggiorazioni previste.
Permanendo a carico il coniuge, godrà dell’assegno al nucleo familiare. E poi se spettante, potrà percepire un assegno più altro di 1.500 euro. Per quanto detto è evidente che l’
Ape sociale più che una misura previdenziale vera e propria può essere considerato un assegno che accompagna il lavoratore alla pensione. Una via di mezzo tra una pensione e un ammortizzatore sociale come la
Naspi.