30enni in pensione a 70 anni: uno scenario possibile ma non inevitabile

Che i trentenni di oggi possano andare in pensione a 70 anni solleva preoccupazioni, ma non è l'unico scenario possibile
6 mesi fa
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Foto © Investireoggi

La prospettiva che i trentenni di oggi possano andare in pensione solo a 70 anni è una notizia che ha guadagnato rilevanza negli ultimi tempi. Questa previsione si basa su uno degli scenari delineati dal simulatore “Pensami”, messo a disposizione dall’INPS e recentemente aggiornato con le ultime modifiche introdotte dalla legge di Bilancio 2024.

La soglia dei 70 anni è senza dubbio impressionante e rappresenta un titolo di grande effetto. Tuttavia, è importante sottolineare che questo scenario non è il più probabile. Secondo le simulazioni, un trentenne che ha iniziato a lavorare da poco potrebbe ritirarsi dal lavoro a 70 anni solo se, nel 2061, all’età di quasi 67 anni, non avrà ancora raggiunto i requisiti per la pensione anticipata.

Questi requisiti includono almeno vent’anni di contributi e un ammontare contributivo tale da garantirgli un assegno pari al minimo previsto annualmente dal governo, che per il 2024 è fissato a 1603,23 euro (tre volte l’assegno sociale).

Pensione futura: lo scenario per i 30enni

Oggi un giovane che inizia a lavorare si chiede quando potrà andare in pensione. Il caso particolare descrive una carriera lavorativa caratterizzata da una notevole discontinuità, se non addirittura problematica. Se, infatti, come riporta anche altra stampa specializzata, entro il 2061 l’attuale trentenne non riuscirà a totalizzare 240 mesi di contributi, significherà che avrà lavorato per un massimo di 19 dei prossimi 37 anni, ossia poco più di un anno su due.

Comunque sia, secondo il simulatore dell’Inps, sempre come riportato dalla stampa specializzata, il trentenne di oggi potrebbe ottenere la pensione di vecchiaia a 69 anni e 10 mesi, sempre che abbia raggiunto i requisiti necessari. Questo rappresenta un’età quasi identica ai 70 anni, a fronte dei 67 anni a cui potrebbe accedere un lavoratore con una carriera simile ma nato nel 1956. Questa discrepanza è dovuta all’adeguamento periodico dell’età pensionabile alla speranza di vita, come stabilito dalla riforma Dini del 1995 e perfezionato dalla riforma Monti-Fornero.

L’aspettativa di vita

L’aumento dell’età pensionabile è un meccanismo legato all’incremento dell’aspettativa di vita, che, si auspica, tra quarant’anni sarà maggiore rispetto a quella attuale. Questo adeguamento è necessario per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico, ma solleva preoccupazioni riguardo alla qualità della vita dei lavoratori anziani e alla capacità di mantenere un impiego fino a un’età così avanzata.

Inoltre, è cruciale considerare l’impatto delle carriere lavorative atipiche e intermittenti sul raggiungimento dei requisiti pensionistici. La flessibilità del mercato del lavoro, sebbene offra opportunità diverse, può anche creare incertezze e difficoltà nel maturare i contributi necessari. Questa situazione può essere particolarmente critica per chi affronta periodi prolungati di disoccupazione o impieghi precari.

Il dibattito sulla pensione a 70 anni per i trentenni di oggi deve quindi tenere conto di vari fattori. Inclusi i cambiamenti nel mercato del lavoro, le politiche sociali e previdenziali. E l’evoluzione delle condizioni di salute e benessere della popolazione anziana. È essenziale che le politiche pubbliche siano flessibili e adattabili per rispondere alle esigenze di una società in continua evoluzione.

Giovani lavoratori: utile puntare sulla pensione integrativa?

L’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita, sebbene necessario, deve essere accompagnato da misure che supportino i lavoratori nel mantenere la loro occupabilità e la loro salute. Programmi di formazione continua, politiche di reinserimento lavorativo per i disoccupati di lungo periodo, e iniziative per promuovere il benessere fisico e mentale sono tutti aspetti cruciali per affrontare questa sfida.

E’ importante che i giovani lavoratori siano consapevoli della necessità di pianificare il proprio futuro previdenziale fin dall’inizio della loro carriera. La previdenza complementare (c.d. pensione integrativa), ad esempio, può rappresentare una soluzione utile per integrare la pensione pubblica e garantire un livello di reddito adeguato al momento del ritiro dal lavoro.

In sintesi, mentre la possibilità che i trentenni di oggi possano andare in pensione a 70 anni è uno scenario ipotizzabile, esso non è inevitabile. Le politiche pubbliche, le condizioni del mercato del lavoro e le scelte individuali giocano tutti un ruolo fondamentale nel determinare l’effettiva età pensionabile. È fondamentale affrontare questa questione con un approccio integrato e lungimirante, per garantire un futuro previdenziale sostenibile e dignitoso per tutti.

Riassumendo…

  • i trentenni potrebbero andare in pensione a 70 anni, ma non è lo scenario più probabile
  • è il risultato del simulatore pensione PensAmi dell’INPS
  • l’età pensionabile è influenzata dall’adeguamento alla speranza di vita futura
  • carriere lavorative intermittenti complicano il raggiungimento dei requisiti pensionistici
  • misure di supporto per lavoratori anziani sono essenziali per sostenibilità e benessere
  • la previdenza complementare può integrare la pensione pubblica per un reddito adeguato
  • pianificazione previdenziale e politiche flessibili sono cruciali per un futuro previdenziale dignitoso.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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