47 miliardi nei microchip, la Cina non ha più confini

Il nuovo piano di Pechino lascia tutti di stucco, pronto un investimento nella produzione di microchip da oltre 47 miliardi di dollari.
6 mesi fa
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auto cinesi

Nuovo fondo in apertura per la Cina grazie al National Enterprise Credit Information Publicity System. Stanziati 47,5 miliardi di dollari da investire nella produzione di microchip. Si tratta di una strategia che mira alla totale indipendenza da parte del dragone rosso nei confronti dei paesi occidentali per quanto riguarda il settore dei chip. Tale strategia si collega come stretta conseguenza alla diatriba nata con gli Stati Uniti, dopo che questi ultimi hanno scatenato dazi doganali quasi insostenibili. L’obiettivo quindi è quello di isolarsi completamente dal mercato dei semiconduttori, e lasciare che l’ostruzionismo a stelle e strisce si riveli un boomerang.

Gli investimenti della Cina

Gli Stati Uniti hanno portato i dazi all’estremo. Le più colpite sono le auto elettriche cinesi, che sono arrivate a una tassazione del 100% alla dogana. La Cina non ci sta e prepara le contromosse. Una di queste è la corsa ai microchip, la tecnologia relativa ai chip minuscoli che permetterà al Governo di Pechino di staccarsi completamente dal mercato estero, anche perché dopo lo scontro con gli USA la Cina sta trovando non poche difficoltà a reperire i microchip necessari per la produzione di tanti prodotti. Ecco dunque il progetto che nasce con il National Enterprise Credit Information Publicity System; 47 miliardi e mezzo di dollari per ottenere l’indipendenza nel settore.

I macchinari atti alla produzione di semiconduttori sono ormai un elemento fondamentale nel mercato, e la corsa ai microchip si è rivelata essere decisiva per la loro produzione. La doppia mossa dell’America sembra una manovra a tenaglia; da una parte ha messo dazi al 100% anche sui semiconduttori importati dalla Cina nel suo Paese, dall’altra ha invece vietato alle sua aziende di vendere i propri al mercato cinese. Insomma, la Cina si sta trovando improvvisamente fuori da questo settore ed è necessario quindi correre ai ripari.

Naturalmente, come sempre anche in questo caso il Governo di Pechino non bada a spese.

Microchip cinesi, anche l’Italia non sta a guardare

La Cina sembra ben consapevole dei rischi di isolarsi dall’Occidente, ma a quanto pare si tratta di una scelta forzata, visto che a conti fatti anche in questo momento l’isolamento è in atto. La scelta di un fondo così consistente è quindi obbligata, anche se probabilmente mettersi al pari di alcuni competitor occidentali sarà cosa davvero ardua. Intanto, anche l’Italia muove importanti passi nel mondo dei semiconduttori. Il colosso STM ha infatti deciso di investire proprio nel nostro Paese con un fondo di 5 miliardi di euro per Catania, somma che va ad aggiungersi ai 730 milioni già investiti per il sito in costruzione. Ma non finisce qui, poiché altri 4 miliardi di euro sono da investire ad Agrate per la costruzione dell’impianto.

Investimenti importanti che palesano quanto il mercato dei microchip sia ormai il futuro che tutti stanno rincorrendo. L’obiettivo di STM è chiaro, rimanere al passo dei grandi competitor del settore raggiungendo un fatturato che sfiori i 30 miliardi di dollari entro la fine dell’anno. Per quanto riguarda gli stabilimenti di Catania, il progetto prevede l’avvio della produzione entro il 2026, mentre per il 2033 si prevede un’attività a pieno regime, soprattutto per quanto riguarda la produzione di carburo di silicio.

I punti chiave…

  • la Cina investe 47,5 miliardi di dollari nella produzione di microchip;
  • la mossa tende a isolarsi sempre più dal mercato occidentale;
  • STM investe nell’Italia, 5 miliardi per gli stabilimenti di Catania.

Daniele Magliuolo

Redattore di InvestireOggi.it dal 2017 nella sezione News, si occupa di redazione articoli per il web sin dal 2010.
Tra le sue passioni si annoverano cinema, filosofia, musica, letteratura, fumetti e altro ancora. La scrittura è una di queste, e si dichiara felice di averla trasformata in un vero e proprio lavoro.
Nell'era degli algoritmi che archiviano il nostro sentire al fine di rinchiuderci in un enorme echo chamber, pone al centro di ogni suo articolo la riflessione umana, elemento distintivo che nessuna tecnologia, si spera, potrà mai replicare.

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