Ursula von der Leyen sarà il prossimo presidente della Commissione europea. La tedesca è stata eletta dall’Europarlamento con 383 voti a favore, appena 9 in più di quelli strettamente. Decisivi si sono rivelati i 14 eurodeputati del Movimento 5 Stelle, che le hanno offerto il loro appoggio. Senza, la donna sarebbe rimasta impallinata dai circa 75 franchi tiratori tra popolari, liberali e socialisti. Tanti non l’hanno votata in quella che di fatto sarà la nuova maggioranza a Strasburgo e, di riflesso, a Bruxelles. Immaginate cosa sarebbe accaduto, se ieri sera il ministro della Difesa tedesco e braccio destro della cancelliera Angela Merkel non fosse passato al vaglio dell’Europarlamento.
Già, i 5 Stelle sono passati dall’essere contro l’euro al diventare i principali sostenitori delle istituzioni comunitarie, quelle contro la cui austerità fiscale, politica commerciale, ambientale e dell’immigrazione si sono battuti in questi anni e hanno raccolto vagonate di consensi tra gli italiani. Sindrome Tsipras? Il precedente illustre di un voltagabbana in Europa ha riguardato proprio l’ex premier greco, che fece tremare Bruxelles nel 2015 quando vinse le elezioni politiche ad Atene, salvo dopo sei mesi diventarne quasi un pupillo.
Per quale ragione le truppe di Luigi Di Maio a Strasburgo si sono schierate a fianco della Merkel e del “nemico” Emmanuel Macron? Quasi certamente hanno prevalso convinzioni di natura politica nazionale. I 5 Stelle sono alla disperata ricerca di appoggi internazionali per brandire contro l’alleato leghista la clava nel caso in cui questi cercasse di staccare la spina al loro governo. Essi temono di finire all’opposizione, se non di spegnersi presto, visto l’andazzo dei sondaggi, negativo anche dopo le elezioni europee.
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Si sgretola la patina di ideologia anti-sistema dei 5 Stelle
Votando per Ursula von der Leyen, essi vorrebbero anche dimostrare all’Italia di essere entrati nelle stanze dei bottoni in Europa, contrariamente alla Lega, che non sarebbe stata capace di coltivare le dovute alleanze, nonostante abbia stravinto le europee del 26 maggio. Insomma, un segnale di “responsabilità” e che strizza l’occhio palesemente al PD, dimostrando che se cade questo governo, un’alternativa in Parlamento si troverebbe, alleandosi con gli stessi partiti che hanno sostenuto ieri la tedesca a Strasburgo, vale a dire finanche con Forza Italia.
In realtà, il voto di ieri sigilla la vacuità di un movimento, che in questo suo primo anno abbondante di governo ha dimostrato di essere del tutto privo di sostanza, di poter sposare ogni tesi e il suo contrario, di poter capovolgere le proprie convinzioni in men che non si dica e nel solo nome del potere. Con ieri, Di Maio ha fatto scattare il conto alla rovescia della sua disfatta personale e politica. Gli italiani non votano certamente sulla base delle tattiche dei partiti in Europa, ma quello che è accaduto con il sostegno alla tedesca rivela qualcosa di più; esso imprime una svolta europeista a un partito che i consensi li aveva ottenuti sino a poche ore fa sull’anti-sistema, in Italia e in Europa.
Sarebbe come se il Movimento 5 Stelle avesse votato per l’elezione di un Mario Monti al Quirinale. Con quale credibilità potrà adesso fare campagna contro “il sistema” che ha palesemente sorretto con voti determinanti. Né ciò li aiuterà a reclamare la nomina del commissario per l’Italia, che spetta alla Lega in virtù dei consensi ottenuti.
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