Il report sul lavoro nel mese di marzo negli Stati Uniti è stato nettamente superiore alle attese: 228.000 nuovi occupati non agricoli, quasi il doppio dei 140.000 attesi. Il settore privato ha creato 209.000 posti di lavoro, ai massimi da tre mesi. Lo stesso settore pubblico, malgrado i tagli imposti dal DOGE di Elon Musk, sono aumentati di 11.000 unità, anche se frutto di +29.000 tra stati ed enti locali e -11.000 posizioni federali. Retribuzioni orarie in crescita dello 0,3% mensile e del 3,8% annuale, mentre la disoccupazione è leggermente salita a sorpresa dal 4,1% al 4,2%. Un quadro fin troppo positivo, ma che i mercati hanno deciso di snobbare. Adesso, si aspettano ben 5 tagli dei tassi da parte della FED (Federal Reserve) entro l’anno dello 0,25% ciascuno.
Rendimenti in caduta libera
Cosa curiosa, prima della pubblicazione del report le attese erano per 4-5 tagli. Per settimane le previsioni si erano fermate a 1-2 tagli al massimo. Dopo che il governatore Jerome Powell aveva sospeso l’allentamento monetario a inizio anno, ci si aspettava il ritorno ai tagli dei tassi FED non prima della piena estate. Adesso, già si sconta una ulteriore riduzione del costo del denaro al prossimo appuntamento di maggio. In teoria, i dati positivi e superiori alle attese avrebbero dovuto ridurre tale previsione, perché difficilmente la FED tornerebbe a ridurre il costo del denaro con un tasso di disoccupazione ancora sotto il 4,5% e l’assenza di segnali recessivi. Tuttavia, gli investitori hanno un’altra opinione: marzo è il passato e il 2 aprile segna uno spartiacque difficile da dimenticare. Quel giorno, ribattezzato dal presidente Donald Trump come “Liberation Day”, sono stati annunciati dazi sulle merci importate dal resto del mondo.
Il mercato, tuttavia, non sta temendo l’inflazione, bensì la crisi dell’economia americana per il probabile calo dei consumi che ne seguirà. Ed è così che il Treasury a 10 anni è crollato di rendimento fin sotto il 3,90% nell’ultima seduta della settimana, ai minimi dallo scorso inizio ottobre. Risaliva poco sopra dopo il report. Era al 4,20% prima dell’annuncio sui dazi. E il Treasury a 2 anni rendeva subito dopo il 3,56% dal 3,50% a cui era sceso fino a poco prima. Stava al 3,87% nell’ultima seduta pre-dazi.
Tagli ai tassi FED snobbano inflazione
I tagli ai tassi FED porterebbero il costo del denaro entro la fine di quest’anno al 3,25% dal 4,50% attuale. Lo spread Treasury-Bund a 10 anni è precipitato in area 140 punti base dai 150 pre-dazi. Nel frattempo, il cambio euro-dollaro si è spinto fino a 1,11, valore che non assumeva da almeno sei mesi. Tutte cifre che confermano che i mercati non stiano scontando una vera reflazione, quanto la recessione. In pratica, prevedono che le banche centrali correranno a tagliare i tassi per sostenere le rispettive economie e che il contraccolpo dei dazi su di esse risulti preponderante rispetto al rischio di inflazione. Se così, i rendimenti lunghi sarebbero destinati a scendere in proporzione di più nei prossimi mesi.
giuseppe.timpone@investireoggi.it