All’inizio di questa settimana, il consiglio di amministrazione di Twitter approvava all’unanimità l’offerta pubblica di acquisto lanciata da Elon Musk sull’intero capitale sociale. Il CEO e fondatore di Tesla offrirà 54,20 dollari per ciascuna delle azioni Twitter che gli saranno vendute. L’operazione complessivamente capitalizza il social sui 44 miliardi di dollari. Sappiamo che l’offerta sarà finanziata a debito fino a 25,5 miliardi e per 21 miliardi Musk garantirà attingendo al proprio portafoglio azionario.
Azioni Twitter sotto 49 dollari
Ora, al termine della seduta di mercoledì le azioni Twitter quotavano sotto 49 dollari, per l’esattezza 48,64 dollari.
Rischi negoziali restano
Esistono tre ragioni principali per cui ciò non starebbe avvenendo. Anzitutto, la Consob americana, nota come SEC (“Securities and Exchange Commission”), ha svelato che le parti hanno concordato su una clausola di cosiddetto “break-up”: la parte eventualmente inadempiente dovrà versare all’altra 1 miliardo di dollari. In teoria, questa postilla garantirebbe il buon esito dell’operazione, ma il mercato si riserva di dubitare che vi sia una certezza assoluta che ciò avvenga.
Il via libera all’offerta da parte del board è solo il primo passo di un iter potenzialmente lungo. Dovrà arrivare l’ok anche degli azionisti e successivamente delle autorità di regolamentazione. Il closing è fissato entro il 24 ottobre, ma le parti si riservano di prorogare la data ultima di sei mesi nel caso di rallentamenti dovuti alle autorità. Sappiamo dalla storia delle scalate che a volte gli accordi saltano all’ultimo minuto sui dettagli. Mai dare per certa un’intesa finché non è messa nero su bianco.
Fisco americano non aiuta
Dunque, perché pagare oggi 54,20 dollari per un’offerta che si materializzerà forse tra un anno? E qui veniamo alla seconda ragione del gap tra quotazione delle azioni Twitter e prezzo dell’offerta. Se l’accordo non si materializzasse, il titolo colerebbe a picco. Allo stato attuale, non vale il prezzo offerto da Musk. Ricordiamo che lo scorso anno la società chiuse in perdita per centinaia di milioni e che attualmente capitalizza in borsa 7,3 volte i ricavi.
Infine, una questione fiscale. La legislazione americana distingue tra capital gain realizzati entro l’anno o in un arco di tempo superiore ad esso. Nel primo caso, le aliquote applicate vanno dal 10% al 37%, a seconda del reddito dell’investitore. Nel secondo caso, scendono a 0, 15% o 20%, sempre a seconda del reddito. Di fatto, esiste una penalizzazione nell’acquistare e rivendere le azioni Twitter entro l’anno, per cui molti investitori ci stanno andando con i piedi di piombo. Specie se reinvestissero i proventi in altri titoli, rischierebbero di trovarsi a corto di cash da versare al fisco.