Assistenza notturna a disabile: si può chiedere il permesso 104 il giorno seguente?

Per la Corte di Cassazione, è possibile beneficiare dei permessi 104 anche se si assiste un parente disabile durante la notte.
3 anni fa
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Permessi 104: differenze tra convivenza civile e coppie di fatto
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La Legge 104, dopo oltre 30 dalla sua introduzione, non ha subito aggiornamenti sostanziali, ma nel corso degli anni (soprattutto in quelli recenti) alcune sentenze hanno permesso di sciogliere grossi dilemmi o comunque di fornire utili chiarimenti in merito al sostegno in argomento.

In particolare, grazie ad una sentenza della corte di cassazione di qualche anno fa è stato stabilito un principio fondamentale per tutti i soggetti che fruiscono della legge 104, e riguarda la possibilità di poter accudire il parente disabile anche fuori dall’orario lavorativo.

Vediamo meglio di cosa si tratta.

Legge 104, licenziato perché non assisteva il familiare disabile nelle ore di permesso

La storia riguarda un operaio metalmeccanico che era stato licenziato dall’azienda per cui lavorava, in quanto, a detta dell’azienda, non avrebbe assistito il familiare disabile durante le ore di permesso.

Il dipendente ha così presentato ricorso, sostenendo di aver prestato assistenza durante le ore notturne e di giorno tornava nella sua abitazione.

Il procedimento è giunto a conclusione con la sentenza della corte di cassazione n. 29062 del 2017, con la quale è stato anche stabilito un principio fondamentale: il lavoratore che assiste il familiare con disabilità grave ha diritto a ricevere il beneficio in argomento indipendentemente se ciò avvenga durante le ore lavorative.

Il permesso è valido anche se presta assistenza fuori dall’orario lavorativo

Come già detto, per i giudici della corte di cassazione, è possibile beneficiare dei permessi 104 anche se si assiste un parente disabile durante la notte e, in genere, fuori dalle ore lavorative.

Il licenziamento del dipendente, dunque, è stato illegittimo.

«l’assistenza che legittima il beneficio del congedo straordinario, si legge nelle motivazioni della sentenza, può intendersi esclusiva al punto da impedire a chi la offre di dedicare spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita, quali la cura dei propri interessi personali e familiari, oltre alle ordinarie necessità di riposo e di recupero delle energie psico-fisiche, sempre che risultino complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale che deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile».

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