Ieri, il Tesoro ha raccolto altri 6,75 miliardi di euro nella sua incessante necessità di finanziare l’enorme deficit lasciato in eredità dalla pandemia e ottenere fondi con cui ripagare il debito pubblico in scadenza. Ha tenuto un’asta alla quale ha collocato tre BTp, di cui una nuova emissione relativa alla scadenza dei 7 anni. In tutto, ha ricevuto ordini per 11,4 miliardi, circa pari a 1,69 volte l’importo complessivamente offerto. Nel dettaglio, la scadenza triennale 15 agosto 2025 e cedola 1,20% (ISIN: IT0005493298) ha esitato un rendimento di 1,53%, in rialzo da 1,32% del collocamento precedente.
Asta BTp, debutta la nuova scadenza
Quanto alla nuova scadenza 15 giugno 2029 e cedola 2,80%, ha spuntato un prezzo nettamente sopra la pari, cioè di 102,73. Il rendimento esitato è stato di 2,39%, in forte rialzo dal 2,04% spuntato dal bond settennale collocato all’asta precedente. I 3,75 miliardi offerti hanno attirato ordini pari a 5,71 miliardi, per un rapporto di copertura di 1,52.
Infine, la scadenza 1 marzo 2048 e cedola 3,45% (ISIN: IT0005273013): rendimento al 3,06%, prezzo a 107,3 e ordini per 1,82 miliardi contro 1 miliardo offerto. Ne consegue che il rapporto di copertura sia stato di 1,82. Tirando le somme, possiamo affermare che il mercato abbia reagito abbastanza discretamente, ma i risultati dell’asta BTp dimostrano che gli investitori desiderino dall’Italia rendimenti sempre più alti. Non solo sono saliti rispetto ai mesi scorsi, ma sembra che siano attesi ancora più alti per il prossimo futuro.
Corsa dei rendimenti BTp non finita
Ciò lascia supporre il relativo successo del bond a 3 anni rispetto all’accoglienza non entusiasmante del nuovo settennale. In pratica, il mercato si starebbe concentrando sulle scadenze più corte nell’attesa di impiegare la liquidità su quelle più lunghe quando diverranno sufficientemente remunerative. Certo, è andato relativamente bene anche il BTp 2048, che con il suo rendimento sopra il 3% non è passato inosservato.
Comunque, i rendimenti italiani non sarebbero toccato affatto il picco. Il problema sarebbe capire quale sia. La storia passata vale poco. Le condizioni monetarie nell’Eurozona sono cambiate drasticamente negli ultimi dieci anni. L’atteso rialzo dei tassi non cancella l’evoluzione della BCE, per cui sembra improbabile tornare ai livelli di rendimento pre-Draghi. Allo stesso tempo, difficile che i prezzi restino così alti, a meno che l’inflazione non rientri piuttosto velocemente. E non sembra questo lo scenario.