Pensioni scuola: l’adesione ai fondi complementari diventa quasi obbligatoria

Scatta il silenzio assenso per l’adesione al fondo pensione Espero per il personale della scuola. 9 mesi di tempo per dire di no se si vuole mantenere il Tfr in tasca.
3 anni fa
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Per i nuovi assunti nella scuola scatterà il silenzio assenso per la pensione complementare. La destinazione delle quote di Tfr maturate al fondo Espero diventa quasi obbligatoria e il diniego deve essere comunicato entro 9 mesi dall’assunzione.

La bozza di accordo sottoscritta fra parti sociale e Aran riguarda tutto il personale del comparto scuola. Quindi insegnanti, dirigenti scolastici, personale Ata assunto a tempo indeterminato. Non riguarda i precari e i lavoratori a termine.

Tfr ai fondi col silenzio assenso

Finora le quote di Tfr destinate alla previdenza complementare sono destinate su base volontaria.

Ma fra poco, in base alla nuova normativa e all’accordo sindacale raggiunto, prevarrà il silenzio assenso. In pratica se il nuovo assunto non comunica nulla entro nove mesi, il suo Tfr sarà destinato al fondo Espero.

Il personale scolastico conferisce quindi al Fondo p0ensione le quote di Tfr anno per anno. Con un contributo aggiuntivo da parte dell’amministrazione scolastica (pari all’1% della retribuzione) ed un contributo personale (minimo 1% della retribuzione) il cui importo è deducibile dal reddito (entro 5.164 euro annui).

L’iscrizione consente di beneficiare delle relative prestazioni della previdenza complimentare tra cui il diritto alla liquidazione di una rendita. Ma si potrà scegliere anche di riscuotere fino al 50% della quota capitale versata al momento dell’andata in pensione. Previsto anche il riscatto totale o parziale della posizione maturata e la rendita integrativa temporanea anticipata in caso di perdita del lavoro.

La tassazione dei fondi

Anche lo Stato guadagnerà dal silenzio assenso. Ci saranno più adesioni al fondo pensione Espero e quindi più soldi e più prelievo fiscale sulle quote versate. Già perché il fisco, come noto, impone le proprie gabelle anche ai fondi pensione.

Si parla, in questo senso, anche di revisione fiscale da inserire nel quadro della riforma pensioni. Lo Stato pensa infatti di innalzare l’aliquota del prelievo sulla rendita del fondo finale al 23%.

Oggi tale aliquota varia in un range compreso fra il 9 e il 15 per cento. A conti fatti, quindi, il fisco si assicurerebbe maggiori entrate dagli assicurati.

Quindi a guadagnare saranno, da un lato i gestori dei fondi pensione e dell’altro lo Stato. I primi con maggiori masse da gestire grazie alla destinazione dei Tfr che frutteranno laute commissioni. Il secondo col l’aumento del prelievo sulle rendite finanziarie.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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