L’addio di Luigi Di Maio al Movimento 5 Stelle non sarà indolore né per le sparute truppe parlamentari “grilline” rimaste fedeli a Giuseppe Conte, né per lo stesso governo Draghi. In teoria, quest’ultimo avrebbe adesso una maggiore chiarezza sui numeri della sua maggioranza. In fondo, il premier ha sempre saputo sin dal suo ingresso a Palazzo Chigi che il sostegno del predecessore al suo esecutivo fosse solo di facciata. Il ministro degli Esteri porta in dote una sessantina di parlamentari, di cui una decina al Senato e il resto alla Camera.
Governo Draghi in balia di Conte
All’atto pratico, però, la scissione nel Movimento 5 Stelle indebolisce senza ombra di dubbio il governo Draghi. Anzitutto, perché sale il numero dei partiti della maggioranza. E già erano più che sufficienti, anche perché disomogenei tra loro. Ma, soprattutto, l’ex premier Conte non starà a guardare mentre Di Maio cerca di costruirsi un profilo da statista (che non è). La convivenza tra i due nella stessa compagine risulterà difficile, se non impossibile. Per quale motivo ci sarebbe stata la scissione, se Movimento 5 Stelle e Insieme per il Futuro continuassero a stare insieme al governo e in maggioranza approvando gli stessi atti?
Ed ecco che nella volontà di distinguersi, Conte farà le pulci al governo Draghi ogni giorno di più. Sull’Ucraina, sulla crisi economica, sul caro bollette, sul reddito di cittadinanza, sul Superbonus. Insomma, su tutto. Le frizioni con il resto della maggioranza saranno inevitabili, anche perché in queste settimane si costruiranno le alleanze per le prossime elezioni politiche. Se il PD di Enrico Letta facesse intendere che sceglierà Di Maio come alleato, perché mai Conte dovrebbe reggergli il gioco fino a fine legislatura?
Elezioni anticipate, la data da incorniciare
Ma prima del 24 settembre non è pensabile sciogliere le Camere.
Verosimile che Conte “surriscaldi” il clima con Palazzo Chigi questa estate e attenda il mese di settembre per giungere al “redde rationem”. In questo modo, terremoterebbe l’Italia verso elezioni anticipate in autunno e potrebbe dire agli elettori pentastellati di avere chiuso un’esperienza di governo voluta da Di Maio in totale disarmonia con lo spirito autentico dei “grillini”. In alternativa, ritirerà l’appoggio all’esecutivo restando in maggioranza. Non è neppure detto che, andando all’opposizione, il governo Draghi si dimetterebbe, forte dei numeri in Parlamento. Ma il danno d’immagine che un eventuale rimpasto necessario provocherebbe al premier si rivelerebbe esiziale per la sua credibilità all’estero.