Riforma pensioni: la proposta di Tridico non è la migliore, ma è l’unica possibile

L’unica possibile riforma pensioni per evitare la Fornero nel 2023 è quella suggerita dall’Inps. Come funzionerebbe la rendita flessibile a partire da 63-64 anni.
2 anni fa
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Affrontare il tema della riforma pensioni in questo disgraziato periodo congiunturale è impresa biblica. Benché partiti e forze sociali si sforzino per trovare una soluzione che eviti il ritorno alla Fonero dal 2023, i margini di manovra sono ristrettissimi.

A inizio anno il premier Mario Draghi si era detto disponibile a qualsiasi riforma pensioni, a patto che fosse finanziariamente sostenibile. Poi è arrivata la guerra in Ucraina e l’impennata dell’inflazione che ha messo sotto pressione i conti pubblici.

La riforma pensioni senza soldi

Pensare di fare una riforma pensioni introducendo Quota 41 che costerebbe 18 miliardi solo per i primi 3 anni o mandare tutti in pensione a 64 anni col ricalcolo contributivo è quindi impensabile.

Mettiamoci l’animo in pace, perché non ci sono risorse disponibili.

Anche Opzione Donna rischia di subire un cambiamento nei requisiti anagrafici: non più l’uscita a 58-59 anni, ma a 60-61, come già ventilato lo scorso anno. E come anche ipotizzato da Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali.

Sullo sfondo c’è l’arrivo dei baby boomers, quelli nati negli anni 60 e 70 che rischiano di sovraccaricare i conti dell’Inps. E sono tanti, una ondata che arriverà alla soglia della pensione prima che il sistema di calcolo contributivo puro entri a regime. L’impatto va quindi contenuto nei nei tempi e nei modi giusti.

La proposta Tridico per l’uscita flessibile

Resta così da valutare solo la proposta di riforma pensioni concepita dal presidente Inps Pasquale Tridico per una uscita flessibile, in due tempi. O meglio, una uscita unica dal lavoro a 63-64, ma con pagamento della pensione in due rate.

Una prima parte di pensione sarebbe liquidata subito, ma a valere solo sui versamenti effettuati nel sistema contributivo. Cioè quelli maturati dal 1996 in poi. E una seconda parte della pensione al raggiungimento dei 67 anni, a valere sulla restante parte dei contributi versati prima del 1996, cioè nel sistema di calcolo retributivo.

La soluzione avrebbe il merito di mantenere in equilibrio i conti dell’Inps. E, grazie ai risparmi realizzati da quota 100 (9,5 miliardi di euro), di aprire le porte al pensionamento anticipato a molti lavoratori.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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