Aumenta la povertà assoluta in Italia. In 15 anni è triplicata passando dal 3,1% al 9,5% della popolazione residente. Il Bel Paese della fine del secolo scorso non esiste più.
Lo rileva il rapporto annuale dell’Istat che traccia un quadro preoccupante del nostro Paese. Il numero di individui in povertà assoluta è quasi triplicato dal 2005 al 2021, passando da 1,9 a 5,6 milioni. Mentre le famiglie sono raddoppiate da 800 mila a 1,96 milioni.
Triplicato l’indice di povertà assoluta
Più nel dettaglio, snocciolando i dati Istat, si nota che la povertà assoluta è tre volte più frequente tra i minori (dal 3,9% del 2005 al 14,2% del 2021).
Secondo l’Istat, il dato è più marcato al Nord dove, a causa della pandemia, la povertà assoluta è aumentata di più rispetto al resto d’Italia. Più precisamente l’incidenza tra gli individui è aumentata di 2,5 punti percentuali rispetto al 2019 raggiungendo il 9,3% (quattro volte il valore del 2005). Mentre nel Mezzogiorno un aumento marcato si osserva tra il 2011 e il 2013, quando si è passati dal 6,1 al 10,6%, e un ulteriore incremento si è registrato nel 2017.
A passarsela peggio di tutti sono le famiglie con stranieri. Queste ultime presentano livelli di povertà assoluta quasi cinque volte più elevati di quelli delle famiglie di soli italiani che dal 2016 oscillano intorno al 25%.
Il reddito di cittadinanza non basta
L’aumento della povertà rischia di non fermarsi a causa dell’aumento improvviso dei prezzi e dell’inflazione. Nei prossimi anni, altre famiglie rischiano di scivolare in povertà assoluta a causa delle ridotte capacità di acquisto di beni e servizi.
Il reddito di cittadinanza, erogato a più di 3 milioni di famiglie, ha finora svolto un ruolo di ammortizzatore, ma non basta. Inoltre, il fenomeno delle frodi sta minando seriamente la tenuta di questa forma di sussidio che potrebbe cambiare con l’avvento della prossima legislatura.
Il problema principale, ravvisano gli esperti, non è il reddito di cittadinanza, ma la mancanza di lavoro e, in molti casi, anche di salari adeguati e sufficienti. Manca un salario minimo. Retribuzioni basse implicano in ogni caso il rischio concreto di scivolamento verso la povertà assoluta col tempo.