Torna ad infiammarsi lo spread sull’ipotesi sempre più concreta che stasera il premier Mario Draghi salga al Quirinale per rassegnare le dimissioni. Il Movimento 5 Stelle non voterà la fiducia al Senato sul Dl Aiuti e, pertanto, l’esperienza di questo governo sembra giunta al capolinea. Il rendimento del BTp a 10 anni a metà mattinata saliva al 3,44%, circa 222 punti in più dell’omologo Bund. Il differenziale è adesso ai massimi da circa un mese. Ricordiamo, infatti, che dopo il board d’emergenza della BCE il 15 giugno scorso, i rendimenti sovrani nel Sud Europa sono ridiscesi, così come gli spread.
In quell’occasione, Francoforte promise il varo di uno scudo anti-spread, le cui caratteristiche dettagliate saranno svelate al board del 21 luglio. Sin dal suo insediamento a Palazzo Chigi, parliamo di “effetto Draghi” per riferirci al contenimento dello spread. I mercati si sarebbero sentiti rassicurati dal premier in questo anno e mezzo. E’ evidente che il fatto che la sua esperienza volga al termine tenderebbe ad acuire le tensioni di questi mesi sul mercato dei bond.
Spread su, minori aiuti da BCE
Oltretutto, con una crisi di governo in una fase così delicata è possibile che la BCE decida di vincolarsi a uno scudo ben meno efficace di quanto dovrebbe. A Francoforte e Bruxelles non vedono di buon occhio la classe politica italiana e nessuno avrebbe intenzione di offrire il suo sostegno a un paese instabile e senza bussola. Con ogni probabilità, lo scudo frenerà lo spread solo nel momento in cui dovesse minacciare la stabilità finanziaria anche nel resto dell’Eurozona.
Peraltro, c’è una legge di Stabilità da approvare ed eventuali elezioni anticipate rischiano di far scivolare l’Italia in esercizio provvisorio. Tutti elementi che suggerirebbero massima cautela alla BCE, la quale non vorrebbe foraggiare in alcun modo l’irresponsabilità fiscale. In altri termini, la crisi del governo Draghi fa salire lo spread per due ragioni: la più evidente consiste nel venir meno di una figura credibile e rispettata sui mercati alla guida del governo; inoltre, essa spingerebbe le istituzioni comunitarie a ridurre il grado di sostegno all’Italia contro la crisi del debito.