Se la riforma pensioni è stata finora avvolta dall’incertezza e dai dubbi, ora tutto appare più chiaro. Con la crisi di governo innescata dal Movimento 5 Stelle, una cosa sembra certa: se cade il Draghi salta tutto.
Niente riforma, niente Quota 41, niente pensione a 62 anni. C’è solo il ritorno alla Fornero con la strada spianata dall’ex premier Giuseppe Conte. Per la “gioia” dei lavoratori che dal 2023 andranno in pensione a 67 anni senza più deroghe.
La riforma pensioni con Draghi che resta premier
E se Draghi resta al governo? E qui viene il bello.
Il premier è deciso a far osservare i diktat di Bruxelles che chiedono all’Italia l’abolizione delle pensioni anticipate. Ma soprattutto di non stanziare a bilancio altri soldi per questo tema perché il nostro Paese spende già troppo.
Lo confermano i recenti numeri dell’Inps che registrano alla fine del 2021 una spesa per pensioni di 312 miliardi di euro, in continua crescita. Il 17% del Pil e siamo il Paese che spende di più in Europa, ma con un tasso di povertà che supera i limiti della media Ue.
Poco spazio per evitare il ritorno della Fornero
D’altra parte Draghi lo ha sempre detto: la riforma pensioni dovrà essere finanziariamente sostenibile. Quindi, se resta premier, non ci sarà spazio né per Quota 41 chiesta dalla Lega, né per l’uscita a 62 anni chiesta dai sindacati. Finirà anche Quota 102 il 31 dicembre, senza possibilità che sia rinnovata. Inutile farsi illusioni.
In questo senso l’opera di demolizione delle deroghe alla riforma Fornero sta prendendo consistenza per effetto di cause e concause volute e non. Anche Opzione Donna rischia di saltare, con o senza Draghi al governo.
Così resterebbe sul tappeto solo l’opzione Tridico (Inps), quella meno costosa. Cioè l’uscita flessibile a partire da 63 anni con liquidazione della pensione in due tranches. La prima per la sola parte contributiva e la seconda, al compimento di 67 anni di età, per la restante parte retributiva.