La sanità in Italia è sull’orlo del collasso. Mancano medici un po’ dappertutto, soprattutto nei servizi di base e nei pronto soccorso. La stima per difetto è di 4.200 professionisti, ma per alcuni la carenza è ben più alta.
Colpa della pandemia che ha sovraccaricato il lavoro, ma anche delle Università che selezionano in maniera talvolta esagerata gli aspiranti medici. I test di ingresso agli atenei sono troppo selettivi col risultato che, alla fine, si sfornano medici in misura inferiore al fabbisogno.
Senza medici per colpa del numero chiuso
Quello che poi non hanno capito le Università è che, per via di questa pesante strozzatura, molti studenti finiscono per andare a studiare all’estero.
Quello che poi non hanno capito, né le Università, né le Regioni, né il Ministero della Salute, è che i pensionamenti del personale medico stanno aumentando rispetto agli anni passati. E i rimpiazzi sono talvolta difficili da reperire. Insomma i numeri non quadrano e formare un medico richiede tempo.
Quindi – dicono gli esperti – piantiamola coi test universitari in ingresso che non servono a nulla se non a creare disagio e carenza di personale. Chi ottiene un diploma da liceo scientifico con un buon punteggio dovrebbe poter accedere di diritto alla facoltà. Al limite la selezione la si può fare per chi si iscrive a medicina provenendo da studi superiori classici, letterari o umanistici.
Università e istituzioni responsabili
Vero che negli anni settanta l’accesso alla facoltà di medicina era libero per tutti e questo aveva creato un ingolfamento degli aspiranti medici. Ma oggi, con la scusa di voler assicurare un certo standard qualitativo dell’istruzione universitaria, si è passati all’estremo opposto.
Il numero chiuso, introdotto alla fine degli anni novanta, ha fatto più danni che benefici.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti e non c’è da meravigliarsi se poi dobbiamo aspettare sei mesi per una ecografia o tre ore in pronto soccorso per essere visitati e curati.