Con la legge 104, ai lavoratori disabili o con familiari disabili vengono riconosciuti dei permessi lavorativi retribuiti, ed è possibile chiedere il trasferimento nella sede di lavoro più vicina al proprio domicilio o a quella del parente disabile.
In particolare, ai sensi dei dell’articolo 33, commi 5 e successivi, della legge 104:
“Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.
Tali disposizioni si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità”.
La Legge 104, dopo oltre 30 dalla sua introduzione, non ha subito aggiornamenti sostanziali, ma nel corso degli anni (soprattutto in quelli recenti) alcune sentenze hanno fornito alcuni chiarimenti proprio in merito a questo argomento.
In particolare, una recente sentenza della corte di cassazione ha stabilito che, in alcune circostanze, il datore può impedire l’accoglimento delle richieste di trasferimento, anche nel caso in cui si usufruisca della legge 104. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Legge 104, è anche possibile chiedere il trasferimento in un’altra sede di lavoro?
Con la legge 104, i lavoratori disabili o con familiari disabili vengono riconosciuti dei permessi retribuiti. In particolare, ad essi spettano in alternativa:
- permessi orari retribuiti,
- tre giorni di permesso mensile, anche frazionabili in ore;
- prolungamento del congedo parentale.
I permessi riconosciuti variano in base anche ad altre specifiche situazioni, ad esempio se il disabile sia il coniuge o altro parente, o in base all’età del figlio disabile.
Oltre ai benefici relativi al lavoro, ce ne sono degli altri di tipo fiscale, come ad esempio le agevolazioni per l’acquisto di dispositivi sanitari e tecnologici indispensabili o utili al fine di gestire la disabilità, l’esenzione del bollo auto, sconto del 50% sul prezzo di un abbonamento a internet ecc.
Il lavoratore disabile o che assiste un parente disabile ha il diritto di scegliere la sede di lavoro a lui più opportuna. Tuttavia, anche a seguito della pubblicazione di alcune recenti sentenze, possiamo affermare che tale diritto non è assoluto. In alcuni casi, il datore di lavoro può rifiutare la richiesta di trasferimento anche ai titolari di legge 104.
Le sentenze che sciolgono i dubbi e confermano i diritti del lavoratore disabile o con parenti disabili
Come già detto in apertura, dopo oltre 30 dalla sua introduzione, l’istituto della legge 104 non ha subito aggiornamenti sostanziali, ma nel corso degli anni (soprattutto in quelli recenti) alcune sentenze hanno fornito alcuni chiarimenti proprio in merito a questo argomento, soprattutto per quel che riguarda il diritto del lavoratore a scegliere la sede di lavoro a lui più consona.
In particolare, una recente sentenza della corte di cassazione ha stabilito che il soggetto che beneficia della legge 104 può richiedere di non essere trasferito (se lo stabilisce il proprio datore di lavoro per esigenze operative) e può scegliere la sede di lavoro più vicina alle sue esigenze.
Questo principio, ad ogni modo, non è assoluto. In alcune circostanze, infatti, il datore può impedire l’accoglimento di tale richiesta se dimostra che il trasferimento è obbligato da esigenze operative.
Del resto, la stessa norma (articolo 33, commi 5 e successivi, della legge 104) chiarisce che questo diritto può essere esercitato solamente “ove possibile”.
Anche il divieto di trasferimento non è assoluto
Anche il divieto di trasferimento in una nuova sede di lavoro non è assoluto.
Non solo, secondo gli ermellini, la scelta del luogo di lavoro più vicina al domicilio del familiare disabile è più che altro di un diritto del lavoratore, che può essere esercitato non per forza all’atto dell’assunzione, ma anche in un secondo momento, presentando una successiva domanda di trasferimento.