Certo che ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. Da quanti anni parliamo in casa, al bar, sul treno e a casa degli amici di quanto siano diventati bassi gli stipendi degli italiani? E non ci riferiamo al solito pippone dello zio, che al pranzo di Natale ci spiega quanto fosse economica la vita con la lira. Chiunque negli ultimi 10-15 anni abbia messo il naso fuori dalla porta per fare la spesa, si è accorto che i prezzi si saranno anche mantenuti stabili fino a pochi mesi fa, ma che le entrate da lavoro in una famiglia non bastino più.
Ma in campagna elettorale tutti i partiti sono stati folgorati sulla via di Palazzo Chigi. Come per magia, tutti i leader sono concordi sul fatto che quelli degli italiani siano stipendi bassi. Anche perché le statistiche internazionali lo confermano senza ombra di dubbio: sono scesi del 3% in termini reali tra il 1990 e il 2020, mentre in Francia e Germania crescevano di oltre il 30%. Del resto, da quando l’Italia è stata “salvata” (sic!) nel 2011, il PIL reale è diminuito di quasi il 3% e il debito pubblico è salito di oltre 800 miliardi. Pensate se l’avessero fatta fallire l’Italia!
Proposte dei partiti contro stipendi bassi
Ad ogni modo, tutti i partiti hanno trovato miracolosamente il rimedio contro gli stipendi bassi. Il Movimento 5 Stelle propone il salario minimo di 9 euro l’ora. C’è da dire che i “grillini” avevano già abolito la povertà con il reddito di cittadinanza, per cui avrebbero potuto risparmiarsi una tale proposta.
Poi c’è Forza Italia, che promette ai giovani un salario mai inferiore ai 1.000 euro al mese. Come? Attraverso tagli ai contributi e alle imposte. Ottima idea. Silvio Berlusconi ha scoperto alla soglia degli 86 anni che il lavoro giovanile sia spesso precario. Anni addietro era il premier per cui “meglio lavorare precario che non lavorare”. Insomma, sordi alle evidenze sia a sinistra che a destra. Fratelli d’Italia propone la logica del “più assumi e meno paghi”, cioè il datore di lavoro deve essere incentivato ad assumere quanti più lavoratori attraverso sgravi fiscali e contributivi. Domanda: siamo sicuri che non sia il viatico per ammazzare la già scarsa innovazione tecnologica in Italia?
Ad ogni modo, anche Confindustria si è accorta che abbiamo stipendi bassi e per la prima volta ha ammesso al Forum Ambrosetti di Cernobbio che non vi sarebbe solo un problema di tassazione. Il problema scaturirebbe anche dalla scarsa volontà di parte dell’imprenditoria italiana di remunerare il fattore lavoro, falsamente considerato meno produttivo che altrove. Per la prima volta dopo decenni, tutta la classe dirigente riconosce il problema. Da qui a pensare che vorranno o sapranno risolverlo, ce ne passa. Per il momento siamo alla presa d’atto, nessuno più nega che in Italia il solo lavoro sia una garanzia contro la povertà. Le soluzioni si sprecano, ma i fatti ad oggi sono mancati del tutto.