Nel sistema previdenziale italiano ogni anno i lavoratori hanno da cui pescare per poter andare in pensione. In genere esistono misure sperimentali e temporanee che permettono la pensione solo per un determinato periodo temporale. E poi ci sono le misure strutturali, quelle che ormai fanno parte fissa del sistema e che non hanno una scadenza. Per le prime bisogna come sempre attendere buone nuove dal governo ogni anno. Servono interventi e serve il varo di nuove misure come è successo negli ultimi anni tra quota 100, l’Ape sociale e opzione donna.
“Pongo un quesito che mi riguarda da vicino ma che riguarda anche una mia collega di lavoro. Io sono nata nel 1958 ed ho 32 anni di contributi versati. La mia collega invece è nata nel 1961 ma ha meno contributi di me dal momento che a dicembre arriverà a 28 anni di contributi versati. Sono stata io a farla entrare in azienda dopo essere diventata responsabile d’area. Siamo andati al sindacato e stranamente è emerso che in pensione andrà prima lei di me. Infatti le hanno detto che lei, volendo, potrebbe presentare domanda anche subito. Io invece dovrò attendere il 2025, salvo novità con il nuovo governo. Come mai?”
Meno contributi ed età più giovane, ma in pensione prima
Fare un discorso generale sull’uscita dal lavoro di una lavoratrice piuttosto che dell’altra è praticamente impossibile per via del funzionamento del sistema pensionistico italiano. Il nostro sistema infatti è dotato di una miriade di misure previdenziali, tutte con i requisiti diversi e particolari che possono in pratica sparigliare le carte nel momento in cui si cerca di andare in pensione. In altri termini sono talmente tante le possibilità di uscire dal mondo del lavoro, tra le misure strutturali e sperimentali, che non sempre chi è più anziano o ha più contributi, può uscire prima dal lavoro.
Il 2023 e il ritorno alle regole della riforma della Fornero
Anche se c’è chi nutre la speranza che il 2023 apra le porte ad una riforma delle pensioni che dia ossigeno a molti lavoratori in termini di uscita dal posto di lavoro, allo stato attuale delle cose l’unica certezza sono le regole oggi vigenti. In termini pratici saranno davvero moltissimi i lavoratori che per poter uscire dal lavoro dovranno guardare quasi esclusivamente alla pensione di vecchiaia a 67 anni di età. In effetti la nostra lettrice che dal sindacato è andata a verificare la possibilità di pensionamento nel 2023, ha avuto una risposta che probabilmente avranno molte altre lavoratrici e molti e altri lavoratori.
Più facile essere esclusi che rientrare nei pensionamenti anticipati
Avendo 64 anni già compiuti perché è nata nel 1958, trovandosi con 32 anni di contributi versati probabilmente la lettrice non ha diritto ad alcun pensionamento anticipato tra quelli vigenti oggi. Per questo il sindacato gli ha comunicato che il suo pensionamento scatterà per forza di cose nel 2025. Infatti sarà proprio nel 2025 che si troverà con 67 anni di età compiuti e con una carriera sufficiente per la pensione di vecchiaia, avendo superato abbondantemente i vent’anni minimi di contribuzione che la misura prevede.
La misura anticipata
Non ci sarebbe per lei, nemmeno la possibilità di uscire a 64 anni di età con l’anticipata contributiva.
In pensione già a 56 anni per le lavoratrici
Probabilmente la nostra lettrice è stata riconosciuta con questo grado di invalidità dalla commissione medica dell’INPS. La pensione con invalidità pensionabile infatti consente di accedere alla pensione già a partire dai 56 anni di età per le donne. Per gli uomini la misura è un pochino più penalizzante perché permette l’uscita solo a 61 anni di età. La carriera contributiva necessaria è pari a 20 anni. Pertanto, la collega della nostra lettrice anche se più giovane e con meno contributi, potrebbe sfruttare questo scivolo. In effetti rientra in pieno in questa misura.