La quota 41 per i precoci è una misura ormai strutturale del sistema previdenziale italiano che non ha una scadenza. In altri termini, a prescindere da quello che il governo nuovo andrà a fare in materia previdenziale, la quota 41 per chi ha iniziato a lavorare prima dei 19 anni di età ed ha un anno di contributi completato sempre prima dei 19 anni di età, resterà in vigore anche negli anni successivi. Sulla misura però occorre fare degli opportuni chiarimenti dal momento che molti confondono le prestazioni e i beneficiari, per esempio rispetto alla pensione usuranti o all’Ape sociale.
“Salve, sono una insegnante di scuola media e vado verso i 41 anni di contribuzione versata. Ormai lavoro nella scuola da 30 anni e prima ho fatto la banconista in un forno da 21 a 32 anni di età, cioè prima di prendere posto nella scuola. In pratica, nel 2023 conto di completare i 41 anni di contributi. Ho 62 anni di età e con la quota 41 credevo fossi in grado di mettermi finalmente a riposo. Ma il mio Patronato ha risposto “picche” alla mia richiesta, dicendo che io non rientro in quota 41, perché non faccio un lavoro gravoso. Io invece sostengo il contrario, dal momento che anche le insegnanti di scuola media da quest’anno sono considerate come lavoro gravoso alla pari degli educatori degli asili nido e delle insegnanti delle scuole primarie. Devo provare da un altro Patronato secondo voi? Forse il mio Patronato, a cui mi rivolgo da anni, non è aggiornato in materia?”
Lavoro gravoso sia per l’Ape sociale che per quota 41, ma le platee sono diverse
La nostra lettrice, insegnante di scuola media, ci chiede spiegazioni sul fatto che il suo Patronato gli ha detto che non ha diritto a quota 41 nonostante l’insegnamento in una scuola media dal primo gennaio 2022 è considerato lavoro gravoso come per gli insegnanti e gli educatori della scuola primaria e degli asili nido.
Le attività di lavoro gravoso per la pensione quota 41
La confusione generata intorno alle tipologie di attività lavorativa che possono dare diritto ad un pensionamento anticipato è tanta. E si aggiunge alla confusione tra lavoro gravoso e lavoro usurante. Si tratta infatti di due definizioni che hanno lo stesso significato di origine e cioè che si tratta di lavori che essendo logoranti e pesanti, devono consentire un pensionamento anticipato. I lavori usuranti consentono di accedere alla quiescenza anticipata con uno scivolo ad hoc per loro coniato. Infatti possono lasciare il lavoro a 61 anni e 7 mesi di età con 35 anni di contribuzione previdenziale versata e con il contestuale soddisfacimento della quota 97,6.
Il lavoro usurante è un’altra cosa
Ma lavoro usurante per esempio è quello svolto dai lavoratori notturni, dagli operai delle linee a catena in fabbrica, dagli autisti dei mezzi di trasporto pubblico o dai minatori. Per i lavori gravosi sono due i canali di uscita. Uno è la quota 41 di cui parla la nostra lettrice. L’altro è l’Ape sociale. Cambiano però le platee interessate dalle due misure. E il cambiamento come detto è recente, perché dal primo gennaio 2022 le categorie che rientrano nell’Ape sociale sono molte di più rispetto alla Quota 41.
Bisogna aspettare la proroga dell’Ape sociale per poter accedere al pensionamento anticipato
In pratica, le categorie che hanno diritto alla quota 41, in ambito scolastico restano le maestre di scuola dell’infanzia o degli asili nido. Questa categoria insieme agli infermieri delle sale operatorie o alle ostetriche delle sale parto fanno parte del novero delle 15 attività gravose originali. Quelle che fino allo scorso dicembre, erano le uniche sia per la quota 41 che per l’Ape sociale. La nostra lettrice quindi, nonostante completerà41 anni di contributi versati, non potrà lasciare la cattedra e pensionarsi. Dovrà lavorare altri 10 mesi per poter accedere alla pensione anticipata ordinaria per le donne (agli uomini servono 42 anni e 10 mesi di contribuzione). In alternativa, bisogna attendere la legge di Bilancio con una eventuale proroga dell’Ape sociale, che consentirebbe alla lettrice e professoressa di scuola media, di utilizzare la misura che è l’unica che ha questi lavoratori come potenziali beneficiari. Dal momento che per l’Ape sociale bastano 36 anni di versamenti, la nostra lettrice che ne ha 41 rientra pienamente nel requisito contributivo, mancando l’Ape sociale per colpa del requisito anagrafico (ha 62 anni e non 63).