PIL giù, deficit su e subito manovra da 40 miliardi: il lascito di Draghi a Meloni

Il prossimo governo di Giorgia Meloni eredita una situazione difficilissima sul piano dei conti pubblici ed economia. Super manovra subito.
2 anni fa
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Governo Meloni e manovra da 40 miliardi

La vincitrice di queste elezioni politiche non parla, non rilascia interviste e la notte tra domenica e lunedì, quando la vittoria del centro-destra e il trionfo di Fratelli d’Italia erano evidenti sin dai primi exit poll, vietò i festeggiamenti ai suoi. Sobrietà e discrezioni sono i suoi cardini per una delle fasi più difficili per la storia d’Italia. Il governo di Giorgia Meloni, che nascerà probabilmente attorno alla terza settimana di ottobre, dovrà sin da subito varare una manovra finanziaria “monstre” da fare tremare i polsi.

Martedì, la Commissione europea ha fatto sapere che, se entro la data di presentazione della legge di Bilancio a Bruxelles (15 ottobre), non vi fosse in Italia un governo nel pieno dei poteri, la nuova scadenza slitterebbe al 30 novembre. In ogni caso, il prossimo esecutivo avrà appena un mese di tempo per scriverla e inviarla in Europa.

Super manovra da 40 miliardi

E il conto della manovra per il governo Meloni sarà salatissimo. Le stime più prudenti parlano già di 40 miliardi di euro, qualcosa come 2 punti di PIL abbondanti. Anzitutto, c’è già la revisione delle stime di crescita dell’economia dal 2,4% allo 0,7% per il 2023. Saranno inserite nero su bianco dal governo uscente di Mario Draghi sul NaDEF, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. A salire, invece, sarà il deficit tendenziale dal precedente 3,9% atteso al 5%. E già questo significa per il governo Meloni disporre di 20 miliardi in meno di margine di manovra sui conti pubblici.

Pensioni, tasse e caro bollette

Iniziamo dalle pensioni. Il governo Draghi aveva rivisto il tasso d’inflazione per quest’anno al 5%, ma verosimilmente il dato finale sarà intorno all’8%. Questo significa che la rivalutazione degli assegni dell’INPS costerà di più dal 2023 per lo stato. Quanto di più? Su una spesa complessiva attesa tra 20 e 25 miliardi, l’extra-costo ammonterebbe fino a 10 miliardi.

Altri 3,5 miliardi serviranno per rinnovare il taglio del cuneo fiscale dello 0,8% per i dipendenti, una misura entrata in vigore già quest’anno. E ci sono i rinnovi dei contratti pubblici: 5 miliardi. La proroga del taglio delle accise sul carburante: 3 miliardi. Gli aiuti alle imprese che acquistano energia tramite i crediti d’imposta, poi, costano la bellezza di 14 miliardi ogni trimestre. L’azzeramento degli oneri di sistema nelle bollette di luce e gas costano altri 3 miliardi. E poi ci sono spese come il rifinanziamento degli aiuti all’Ucraina. Senza contare qualche promessa elettorale, che dovrà essere inserita in manovra dal governo Meloni per non debuttare del tutto a mani alzate.

Una di queste promesse riguarda proprio le pensioni. La Lega vorrebbe sventare il ritorno alla legge Fornero con quota 41. Impossibile, troppo costoso. Più probabile che saranno allargate le maglie per accedere a misure come Ape Social e Opzione Donna. Non si potrebbe andare oltre poche centinaia di milioni di euro. Lo stesso dicasi per la flat tax, che sia solo incrementale o ampliata per le partite IVA sul fatturato fino a 100.000 euro. Alla fine della fiera, si arriverebbe ai 40 miliardi di cui sopra. Una cifra immensa e con risorse da trovarsi in 30 giorni. Dove? Escludendo tagli alla spesa e aumenti delle tasse, non resterà che il ricorso all’indebitamento. La Commissione ce lo consentirà? E i mercati finanziari?

Governo Meloni di alto profilo

Sarà anche per questo che Meloni sta pensando a una squadra di governo inattaccabile, di alto livello e che faccia bella figura anche all’estero. Serve debuttare senza provocare sconquassi sui mercati e ottenendo il placet da Bruxelles e Washington. Un’operazione affatto semplice, anche perché i margini di azione sono strettissimi. In tutta la campagna elettorale, la futura premier aveva scartato l’ipotesi di uno scostamento di bilancio, pur sapendo che si sarebbe reso inevitabile.

Lo fece per crearsi le credenziali di politico conservatore fiscale, le quali le serviranno nelle prossime settimane per non indisporre eccessivamente gli investitori. A proposito, sembra arrivata l’ora di quel famoso viaggetto alla City per presentare il programma al mondo della finanza. Serve rassicurarla sui prossimi passi di Roma.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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