Nei giorni scorsi, l’agenzia Moody’s ha confermato il suo giudizio sui titoli di stato italiano, ma ha altresì avvertito l’Italia che, in assenza di riforme economiche, il rating sui BTp potrà essere tagliato a “junk” o “spazzatura”. Un’ipotesi che avrà fatto scattare dalla sedia migliaia di risparmiatori italiani in possesso dei bond tricolori. Anzitutto, cerchiamo di capire cosa significherebbe un evento del genere. Sappiamo che il debito pubblico italiano è classificato più rischioso di quello dei principali partner dell’Eurozona.
Rating BTp secondo le agenzie
Nelle rispettive scale adottate, BBB indica un livello pari a due gradini sopra l’area “spazzatura”. Baa3 è di appena un gradino sopra di essa. Tecnicamente, sotto BBB- o Baa3 si scende nell’area cosiddetta “non investment grade”. Gli emittenti sono giudicati speculativi, cioè ad alto rischio di insolvenza. In un certo senso, sarebbe come ottenere a scuola sotto il 6 in pagella. Non sarebbe neppure la sufficienza per essere promossi. E l’Italia al momento è giudicata dai tre principali “insegnanti” con due 6+ e un 6.
Il taglio del rating BTp sotto l’area “investment grade” avrebbe conseguenze enormi, non solo per il nostro debito pubblico. Molti fondi d’investimento si troverebbero costretti a vendere tutti i titoli di stato italiani in portafoglio, in quanto è loro vietato dai rispettivi statuti di comprare o detenere asset speculativi. Il rendimento esploderebbe, per cui il Tesoro troverebbe impossibile rifinanziarsi sui mercati a costi sostenibili. Oltretutto, si creerebbe un problema per la stessa BCE, che possiede BTp per complessivi 730 miliardi di euro, quasi un terzo del totale emesso sui mercati. Formalmente, Francoforte non può tenere debiti “spazzatura”.
D’altra parte, se l’Italia non riuscisse più a rifinanziarsi sui mercati, l’alternativa sarebbe chiedere aiuto o al Fondo Monetario Internazionale e/o al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).
Rischi sistemici e anche per l’euro
Per non parlare del fatto che sul mercato dei bond con rating “spazzatura” arriverebbe di botto una montagna di 2.300 miliardi di debiti. Difficilmente questo segmento obbligazionario globale reggerebbe. In altre parole, l’evento rischierebbe di scatenare crac finanziari a catena, anche solo per il timore che dopo l’Italia seguano paesi come Spagna, Portogallo e la solita Grecia. L’euro avrebbe possibilmente le ore contate.
Quante sono le probabilità di un rating BTp insufficiente? A nostro avviso, basse. Le agenzie di rating non sono sprovvedute e conoscono le conseguenze delle loro azioni. D’altra parte, i rendimenti italiani non sono da titoli “spazzatura”. E i CDS a 5 anni, titoli che assicurano contro il rischio default, sono sì saliti negli ultimi mesi, ma a livelli contenuti. A 144 punti base, prezzano un rischio default nel prossimo quinquennio al 2,4% di probabilità. Pensate che, all’apice della crisi dei debiti sovrani nel 2012, il costo di questi titoli schizzò sopra 500 punti.
Infine, non basterebbe un solo rating BTp “spazzatura” a privare formalmente il Tesoro di tutti i canali di finanziamento privati. La BCE venderebbe i nostri bond solo nel caso in cui tutte le quattro agenzie a cui fa riferimento (S&P, Fitch, Moody’s e DBRS) li declassassero sotto il livello minimo richiesto. E anche se ciò si verificasse, potrebbe sempre trasgredire alla sua stessa regola, così come fece nel marzo 2020 acquistando titoli della Grecia con il PEPP.