Ecco come andare in pensione in base ad età e contributi, con alcune sorprese 

Andare in pensione dipende quasi sempre dall’età e dai contributi versati e molto cambia da lavoratore a lavoratore
2 anni fa
3 minuti di lettura
assegno sociale

Età più contributi o contributi più età, è sempre questo quello che è conta per un lavoratore nel momento in cui deve andare in pensione. Ormai le misure che non prevedono limiti anagrafici sono davvero poche. E da quello che si sente potrebbero diventare ancora di meno se davvero anche una ipotetica quota 41 per tutti diventerà collegata ad una determinata età. Resta il fatto che ad ogni età corrisponde una determinata misura pensionistica. E naturalmente ad ogni misura pensionistica corrisponde un determinato numero di contributi previdenziali versati.

Con questo articolo rispondiamo ad una serie di quesiti che i nostri lettori ci propongono. Domande su quali sono le possibilità di andare in pensione ad una determinata età o ad una altrettanto determinata carriera. 

“Buonasera, mi chiamo Giulia, ho 60 anni di età e 37 di contributi, potrei andare in pensione subito o nel 2023? Premetto che ormai sono due anni che non lavoro più.” 

“Salve a tutti, ho un dubbio davvero grande. Ho 61 anni di età ed ho una invalidità civile pari al 78%. Cosa posso fare per andare in pensione prima dal momento che a lavorare alla mia età nessuno mi vuole più? Ho pure 22 anni di contributi versati.

Tutte le possibilità di pensione a 67 anni di età 

pensione
Di quesiti di questo genere la nostra redazione è piena proprio perché sono tanti dubbi che accompagnano i lavoratori in materia pensionistica. Resta il fatto che per ogni singolo contribuente, le possibilità di pensionamento sono varie e di vario genere. A 60 anni di età si può uscire sia con 20 anni di contributi versati che con 15 anni. Infatti si chiama pensione di vecchiaia ordinaria quella che consente di uscire dal lavoro quando la combinazione è 67+20. In questo caso la contribuzione utile è quella a qualsiasi titolo versata. Sempre a 67 anni di età, ma in deroga ai 20 anni di contributi versati ci sono le pensioni per i quindicenni.

Per esempio con le tre deroghe Amato. In questo caso possono uscire quanti hanno completato 15 anni di contributi al 31 dicembre 1992. Oppure possono lasciare il lavoro sempre con 15 anni di contributi coloro che sempre entro il 31 dicembre 1992 sono stati autorizzati dall’INPS alla prosecuzione volontaria. In questo caso la pensione è garantita anche se i versamenti non sono mai stati effettuati. Infine chi ha completato quindici anni di contributi, di cui almeno dieci versati per periodi inferiori alle 52 settimane, può godere dello stesso trattamento privilegiato. L’importante è avere una anzianità pari a 25 anni, cioè il primo contributo accreditato deve essere di almeno 25 anni più vecchio della data in cui si presenta la domanda di pensione. 

Le pensioni contributive sono una soluzione 

Sempre con 15 anni di contributi c’è anche l’opzione contributiva Dini, che permette il pensionamento con 15 anni di contributi previdenziali versati. Tocca al lavoratore scegliere la soluzione della pensione calcolata con il metodo contributivo per centrare l’uscita che altrimenti, senza i 20 anni di contribuzione, sarebbe negata. Serve almeno un contributo versato prima del 1996, ed almeno cinque versati dopo tale data. Inoltre bastano almeno 15 anni, ma non devono essere superiori a 18. 

La contributiva a 64 anni di età 

A 64 anni di età invece si può uscire fino al 31 dicembre 2022 con la quota 102. In questo caso servono oltre che 64 anni di età compiuti, anche 38 anni di contributi versati. Di questi almeno 35 anni devono essere effettivi. Sempre 64 anni di età, ma a condizione che la pensione liquidata sia pari a 1.311 al mese circa, cioè pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale, c’è anche la pensione anticipata contributiva. La misura si rivolge a chi non ha contributi versati prima del 1996. 

Le invalidità pensionabili e le uscite anticipate

A 61 anni di età escono invece coloro i quali sono stati riconosciuti dall’INPS invalidi con almeno l’80% di invalidità pensionabile.

La misura si completa con solo 20 anni di contributi versati. Va sottolineato che l’invalidità non deve essere quella riconosciuta dalle competenti commissioni delle Asl, bensì quella delle commissioni mediche dell’INPS. Infatti non vale l’invalidità civile ma conta la riduzione della capacità lavorativa in base alle mansioni che il lavoratore svolge. 

Anche opzione donna è una possibilità per le lavoratrici 

Per le donne le uscite agevolate sono davvero molte, anche se comunemente si tende a considerare la donna come la più penalizzata dalle pesanti regole del sistema previdenziale italiano. Le donne che spesso devono sacrificare lavoro e carriera per dedicarsi alla cura dei figli e della famiglia sono effettivamente penalizzate da misure che prevedono delle carriere molto lunghe. Detto questo la stessa misura di cui parlavamo nel paragrafo precedente, cioè la pensione di vecchiaia con invalidità pensionabile, per le donne è molto vantaggiosa. Infatti consente di uscire già a 56 anni di età e non a 61 come per gli uomini. I requisiti però sono i medesimi così come medesima è la percentuale di disabilità che le commissioni dell’INPS devono certificare. La lavatrice dipendente con 58 anni di età o con 59 anni di età la lavatrice autonoma, possono sfruttare opzione donna. Si tratta di una pensione per la quale bastano 35 anni di contribuzione. Le lavoratrici devono accettare però il ricalcolo contributivo della prestazione. 

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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