La vera riforma pensioni: via tutti a 62 anni o con 41 di contributi indipendentemente dall’età

Anche i sindacati alzano le barricate contro la prospettiva di Quota 41 con sbarramento anagrafico. Landini (CGIL) chiede di riaprire il confronto con le parti sociali.
2 anni fa
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Introno alla riforma pensioni si sta addensando una ridda di ipotesi che non lasciano ben sperare. L’unica cosa certa, per ora, è che Quota 102 scade a fine anno e ci sono scarsi margini di manovra per evitare il ritorno integrale della Fornero.

Si cerca quindi di girarci intorno facendo passare per buono ciò che non è. Dapprima con la pensione anticipata a 62 anni senza penalità, poi con Quota 41 ma con sbarramento anagrafico. Tutti che pretendo di tutto, ma senza idee e, soprattutto, senza soldi.

In pensione a 62 anni o con Quota 41

Da ultimo si sta cercando di fare digerire ai sindacati e a Confindustria la possibilità di andare in pensione con 41 anni di età, ma non per tutti. Solo per coloro che hanno varcato la soglia dei 61-62 anni di età. In modo da limitare al massimo la spesa previdenziale futura.

La riforma al vaglio dei tecnici si chiama appunto Quota 41 per tutti. Che, però, con l’introduzione di una soglia di sbarramento anagrafica rischia di diventare Quota 41 per pochi. Del resto – come dice anche l’Inps – dare a tutti la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi costerebbe troppo e sarebbe insostenibile.

Si verrebbe così a proporre di fatto una replica di Quota 102 (in pensione a 64 anni con 38 di età) che non ha dato risultati soddisfacenti quest’anno. Solo poche migliaia di lavoratori ne hanno beneficiato. Quindi, se Quota 102 finora ha dato risultati insoddisfacenti, come possiamo pensare che Quota 41, così concepita, possa fare di meglio?

Diventerebbe quindi il solito pasticcio all’italiana per dire che si è evitato il ritorno alla Fornero, ma di fatto non cambierà quasi nulla. In sostanza, verrebbe concessa la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi ai lavoratori over 61-62 anni.

Sindacati contrari alla riforma

A tuonare contro questo meccanismo, non è solo Confindustria, ma anche i sindacati.

Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, parla chiaramente della necessità per il governo di riavviare un confronto con i sindacati.

Non è sufficiente – afferma – che ci informino di quello che vogliono fare. Noi stiamo chiedendo che le parti sociali e il sindacato siano coinvolte nelle decisioni che vengono prese“.

Sulle pensioni – prosegue Landini – “stiamo chiedendo una riforma complessiva che sia in grado di affrontare l’insieme dei temi: non ci accontentiamo di qualche quota”. Perché così come è stata prospettata Quota 41 sarebbe l’ennesima riforma insensata, uno specchietto per le allodole, visto che saranno in pochi a poter andare in pensione con questo meccanismo nel 2023.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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