Rushi Sunak è da martedì 25 ottobre il terzo premier britannico in meno di due mesi. Ha battuto già tre record: il primo non bianco, il più giovane dal 1812 (ha soli 42 anni) e il più ricco della storia del Regno Unito con un patrimonio stimato intorno a 800 milioni di dollari. Subentra a Liz Truss dopo appena un mese e mezzo di governo, imploso rovinosamente per il caos finanziario scatenato dalla sua contestata riforma fiscale. Non a caso le prime parole del neo-premier, entrando a Downing Street, sono state: “sono qui per riparare agli errori compiuti”.
I Gilt sono i titoli di stato emessi dal governo di Sua Maestà. I rendimenti sovrani erano esplosi tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre, costringendo la Banca d’Inghilterra a scendere in campo. Acquisterà fino alla fine del mese fino a 10 miliardi di sterline al giorno di bond con scadenze residue superiori ai 20 anni. Le vendite sono state posticipate all’1 novembre e riguarderanno inizialmente solo i Gilt fino a 20 anni.
Balzo dei Gilt a lunga scadenza
I due annunci hanno sostenuto i prezzi proprio sul tratto lungo della curva. Il Gilt a 50 anni, scadenza 22 ottobre 2073, sono passati da una quotazione di appena 34,15 centesimi toccata il 12 ottobre scorso a un massimo di 48 centesimi di questo martedì. Il rimbalzo è stato del 40% in appena un paio di settimane. Ieri, il titolo cedeva a 46,75, probabilmente a causa dei realizzi dei guadagni.
In termini di rendimento, il Gilt a 50 anni è sceso dal 4,45% di metà ottobre al 3,34% di ieri. La scadenza a 10 anni è scesa al contempo dal 4,50% al 3,70%. Merito certamente anche di Sunak, che da ex cancelliere dello Scacchiere con la fama di sostenitore dell’austerità fiscale, sta rassicurando i mercati circa la tenuta dei conti pubblici di Londra.
A beneficiare del rimbalzo dei Gilt sono certamente gli obbligazionisti, che possono già rivendere i titoli a prezzi molto più alti di solo qualche settimana addietro. Tra questi ci sono i fondi pensione, le vere vittime del governo Truss. Essendo in possesso di titoli a lunghissima scadenza, avevano risentito più di tutti del boom dei rendimenti (crollo dei prezzi), invocando l’intervento della Banca d’Inghilterra. Guarda caso, esso è arrivato puntualmente. Questi fondi gestiscono la bellezza del 120% del PIL in asset previdenziali. Una loro crisi manderebbe a gambe per aria il sistema del welfare britannico.