I rendimenti delle obbligazioni nel mondo sono scesi nelle ultime sedute. Pur rimanendo ai livelli più alti da numerosi anni a questa parte, si sono allontanati dal picco toccato solamente la settimana scorsa. Vedremo nel prossimo futuro se si tratti di un recupero momentaneo dei prezzi, magari dovuto all’appeal che stanno suscitando i bond con questi livelli di remunerazione offerti. Il T-bond a 10 anni negli USA è sceso dal 4,23% al 4% in meno di appena quattro sedute. Poiché è nei fatti il benchmark globale sui mercati, ha trascinato al ribasso tutti i rendimenti, anche all’infuori degli USA.
E così, il BTp a 10 anni è passato in meno di una settimana dal 4,80% a poco più del 4%, salvo risalire sopra 4,20% venerdì scorso. Lo stesso spread con i Bund è crollato fino a un minimo di 200 punti. Tutto questo sembra positivo per governi e imprese, principalmente. Rendimenti più bassi comportano una minore spesa per interessi, cioè la possibilità di indebitarsi a costi minori. Sarebbe un sollievo per i bilanci statali e aziendali, anche familiari in molti casi.
L’altra faccia della medaglia è che il calo dei rendimenti non starebbe avvenendo per una buona ragione. Esso risente del clima di crescente sfiducia sulle sorti dell’economia globale. La Germania ha schivato l’avvio della recessione nel terzo trimestre di quest’anno, crescendo di un inatteso 0,3%. Ma le condizioni dell’Eurozona stanno peggiorando. Mentre le banche centrali sono costrette ad alzare i tassi per fermare l’inflazione, consumi e investimenti ristagnano o cedono.
Rendimenti giù, previsioni macro negative
E’ vero che il calo dei rendimenti americani risente anche delle più basse aspettative d’inflazione segnalate nelle ultime sedute. Resta il fatto che esse siano ancora superiori al target della FED del 2%, sostando in area 2,55-2,60%. Il rischio da molti paventato – vedi Nouriel Roubini la scorsa settimana – è di un ingresso nella stagflazione.
Lo spread starebbe scendendo perché per gli investitori tutto ciò che prima o poi fermasse la stretta monetaria sarebbe positivo per i conti pubblici italiani. Paradossalmente, persino la stessa recessione economica dell’Italia sarebbe percepita più auspicabile di uno scenario di bassa crescita e tassi BCE in rialzo. Rendimenti più alti impatterebbero significativamente sul debito pubblico, arrestandone la discesa in rapporto al PIL. E anche i CDS a 5 anni confermano che sui mercati si teme per la sostenibilità fiscale del nostro Paese. La percezione migliorerebbe solo con un calo marcato e duraturo dei rendimenti sovrani.