Corsa a comprare stufe a pellet per riscaldare casa in inverno e mettersi al riparo dall’esplosione dei costi del gas. Peccato che le famiglie stiano accusando forti rincari anche ricorrendo a questo metodo di riscaldamento, che ci vede primeggiare in Europa con 2,2 milioni di impianti installati, di cui per il 99% con potenza inferiore a 35 kWh. Nei primi cinque mesi di quest’anno, le vendite sono schizzate del 28%. Sta di fatto che molti italiani vi avevano fatto affidamento negli ultimi anni proprio per i costi contenuti, mentre adesso la musica è cambiata.
Produzione nazionale molto bassa
Ma perché le stufe a pellet sono diventate improvvisamente un metodo di riscaldamento molto più costoso? C’entra un po’ la guerra, senz’altro. Da Russia, Bielorussia e Ucraina avremmo acquistato nel 2021 circa il 10% di tutto il pellet che abbiamo consumato. Dai dati doganali ufficiali, tuttavia, i tre paesi messi insieme incidevano per il 3,6%. Tuttavia, tali dati risultano poco attendibili. In ogni caso, il 10% non sarebbe così tanto da poter mandare in orbita i prezzi della materia prima.
Dovete sapere che su 3,35 milioni di tonnellate di pellet consumato, l’Italia ne produce per appena 450.000 tonnellate. In pratica, lo importiamo per il restante 85%. Da dove? Principalmente dalla Francia, ma anche dagli altri paesi europei. In testa per produzione c’è la Germania con 2,5 milioni di tonnellate, quasi alla pari di Canada e Vietnam nel mondo.
Stufe a pellet alternativa più costosa
Ora, il problema è che l’Italia ha registrato una corsa alle stufe a pellet senza che la produzione della materia prima sia aumentata. Restiamo dipendenti dall’estero, con tutto quello che ne consegue in termini di impatto di eventi geopolitici come la guerra tra Russia e Ucraina. D’altra parte, ciò spiegherebbe solo in minima parte il boom dei prezzi. La verità è che il mercato funziona con le sue solite e noiose regole: più sale la domanda (a parità di offerta) e più il prezzo lievita.
E cosa sta succedendo in tutta Europa con la crisi del gas? Milioni di famiglie stanno ricorrendo a metodi di riscaldamento alternativi. Risultato: esplodono i costi di queste alternative. E ciò si verificherà fintantoché l’offerta non salirà di pari passo. Il rischio per le famiglie italiane è duplice: spendere il doppio, se non il triplo, per superare l’inverno, nonché di riscaldare le case in maniera inadeguata. Perché non tutto il pellet è uguale. Il potere calorifero varia da qualità a qualità: per il pellet di faggio risulta superiore a quello di abete. Molte famiglie, vuoi perché lo ignorano e vuoi anche per le ristrettezze economiche, in queste settimane potrebbero stare facendo scorte di pellet dalla qualità bassa per risparmiare.
Quanto costa riscaldare casa
Esattamente, quanto pellet serve per riscaldare un’abitazione? Una risposta generica non è possibile, ma esistono alcuni dati per farsi un’idea. Il fabbisogno calorico di un’abitazione è dato dai metri cubi moltiplicati per un fattore compreso tra 30 e 40, a seconda della zona climatica in cui si vive. Un sacchetto di pellet da 15 kg di qualità media dovrebbe fornire sui 5.000 Kcal. Per un appartamento di 100 metri quadrati e con altezza di 2,70 metri, mediamente ci vorranno quasi 2 kg di pellet l’ora.
Nell’esempio di cui sopra, con un sacchetto di pelle sui 12 euro il costo per l’inverno (120 giorni) sarebbe compreso tra 1.400 e oltre 2.000 euro. Una bella batosta, considerato che l’anno scorso ce la saremmo cavata con 6-900 euro. La crisi dell’energia è entrata persino dentro le stufe a pellet.