Ci saranno altri rialzi dei tassi FED, ma il ritmo rallenterà

Il rialzo dei tassi FED di ieri non è stato l'ultimo, ma i prossimi saranno meno drastici. Dollaro su e T-bond stabili dopo il FOMC.
2 anni fa
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Nuovi rialzi dei tassi FED

Nessuna novità eclatante dalla riunione del FOMC, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve. Ieri, l’annuncio di un terzo rialzo dei tassi FED dello 0,75% al nuovo range del 3,75-4%, il più alto dal 2008. I mercati aveva scontato la decisione, per cui non hanno reagito in alcuna direzione. Tuttavia, un paio di elementi di dibattito sono emersi con il comunicato ufficiale e la conferenza stampa del governatore Jerome Powell. In primis, egli ha confermato che la stretta non è cessata.

Anzi, il nuovo picco dei tassi FED sarà più alto di quello prospettato a settembre. Tuttavia, già a partire dal board di dicembre la stretta sarà verosimilmente più contenuta.

Stamattina, il rendimento del T-bond a 10 anni rimaneva in area 4,05%. E il dollaro si apprezzava nettamente contro le altre valute di una media dell’1,40%. E’ il segno che i mercati si attenderebbero un accrescimento della divergenza monetaria con Europa e Asia.

Tassi FED fin sopra 5%, spread su

Stando ai contratti derivati di CME Group, il mercato nutre forti dubbi sull’entità del rialzo dei tassi FED a dicembre. C’è una leggera prevalenza per un aumento dello 0,50%, ma resta fortissima l’ipotesi del +0,75%. L’apice dovrebbe essere toccato al 5,25%, sebbene non si esclude il 5,50%. A seguito di queste previsioni, lo spread tra BTp e Bund è salito in area 220 punti base con il rendimento decennale sopra il 4,40%. Era sceso fino sotto il 4% dopo il board BCE di giovedì scorso, con lo spread a 200 punti.

Più i tassi FED salgono e più sale il rischio sovrano percepito per l’Italia. A causa del suo elevato rapporto tra debito pubblico e PIL, il nostro Paese è considerato vulnerabile alla stretta monetaria globale. E poiché a batterne tempi e ritmi è sempre l’America, le parole di Powell hanno tradito forse l’intenzione della prima banca centrale del pianeta di combattere l’inflazione costi quel che costi.

Oltretutto, l’economia americana resta solida e ciò non autorizza l’istituto a sospendere la stretta prima del tempo.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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