Le batoste, in questo periodo, arrivano l’una dopo l’altra senza soluzione di continuità. Al centro, ancora una volta, la questione delle bollette di luce e gas. A preoccupare i condomìni non sono soltanto i rincari nelle tariffe della materia energetica, ma anche e soprattutto il passaggio di fatto automatico al mercato libero.
Mancano soltanto due mesi e non si tratta di una buona notizia. Uscire dal mercato tutelato significa essere esposti alle turbolenze del libero mercato e a farne le spese sono ancora una volta le famiglie italiane.
Ma perché i condomìni devono passare al mercato libero? Cosa succederà ai contratti?
La risposta alla prima domanda è, se vogliamo, semplice. I condomìni sono considerati a tutti gli effetti, anche se può sembrare inspiegabile, microimprese. E per queste ultime l’obbligo di passaggio al mercato libero, in riferimento alle bollette della luce, è stabilito per il 1° gennaio 2023 e non per il 10 gennaio 2024, data ultima per le utenze private.
A denunciare l’assurdità della situazione è il responsabile del settore energia dell’Unione Nazionale Consumatori, Marco Vignola. La disparità riguarda soprattutto il differente trattamento tra chi abita in una villa e chi abita in una palazzina. Non se ne sta parlando, ma gli amministratori di condominio stanno già ricevendo lettere d’avviso in cui si annuncia lo sfratto dal mercato di maggior tutela.
Semplificando al massimo, l’utenza riferita all’illuminazione e ai consumi di elettricità delle parti comuni di un palazzo (scale, cantine, ascensore, garage, e così via) non è considerata a uso domestico, differentemente da quanto accade per chi vive in una villa. In questo senso, la risposta alla seconda domanda è altrettanto semplice: se nulla cambierà, le bollette di luce e gas condominiali rappresenteranno una nuova batosta per le famiglie italiane
La richiesta all’Arera e al governo Meloni è di correggere questa evidente disparità di trattamento.
Bollette luce e gas condominiali, ci sono delle contraddizioni nella norma
Marco Vignola sottolinea poi una contraddizione fondamentale nella norma, alla quale ci si potrebbe appellare. L’interpello n. 142 del 3 marzo 2021 dell’Agenzia delle Entrate “aveva consentito l’applicazione dell’Iva agevolata al 10% sulle bollette dell’elettricità anche per il funzionamento delle parti comuni di condomìni composti da unità immobiliari esclusivamente residenziali che prima pagavano l’Iva al 22, ritenendo che le parti comuni condominiali non possono essere considerate come distinte e autonome rispetto alle proprietà dei condòmini”.
L’Arera, però, non si sarebbe fatta carico di questa ragionevole interpretazione e, nella pagina che l’Agenzia dedica all’argomento, si parla di microimprese e di famiglie, ma non di condomìni. Del resto, l’articolo 16 ter del decreto legge 6 novembre 2021, n. 152, che rinvia il passaggio al libero mercato della luce al 10 gennaio 2024, non menziona questa fattispecie, ma parla soltanto di utenze domestiche.
Si tratta di un vero e proprio pasticcio. L’Arera e il governo Meloni dovrebbero intervenire. Ma accadrà davvero?