Abolire le tasse universitarie. Sembrerebbe una provocazione ma non lo è. Infatti, il nuovo Governo è chiamato a gestire una crisi economica legata ad un’inflazione che non raggiugeva un livello tale dal 1986. In tali situazioni, gli interventi dell’esecutivo devono andare verso il sostegno in favore di imprese e famiglie per cercare di arginare la perdita di potere di acquisto.
In tal senso, vanno i vari bonus 150 euro, il bonus bollette in busta paga, il taglio della accise sulla benzina ecc.
Detto ciò, il Governo potrebbe anche decidere di tagliare alcune tasse, ad esempio quelle universitarie. Qui il discorso è molto complicato. Infatti, una famiglia che deve mantenere un figlio all’università deve mettere in conto diverse spese: spese per l’affitto, per gli alimenti, per i libri, ecc. Dunque, soprattutto nell’ultimo anno, fronteggiare tutte queste spese è diventato davvero complicato. Lo è ancora di più se parliamo di famiglie monoreddito.
Le tasse universitarie
Quando si decide di iscriversi all’Università, la prima spesa da sostenere è quella per l’immatricolazione. Il costo da sostenere è altissimo ammenochè non si possa beneficiare di qualche agevolazione per ISEE basso. Il costo potrebbe essere in parte compensato da un’eventuale borsa di studio riconosciuta allo studente.
A ogni modo, uno studente fuori sede deve mettere in conto un sacco di spese: affitto, iscrizione, alimenti, ecc. Sugli affitti c’è da dire che il costo è aumentato a dismisura. Soprattutto nelle grandi città, se si riesce a trovare una stanza disponibile, la si paga a peso d’oro. Questo perché, gli investimenti sugli alloggi universitari sono pochissimi e ciò non facilità la ricerca di appartamenti, di contro i proprietari degli immobili possono fare il bello e il cattivo tempo.
Tasse universitarie. Perché il Governo dovrebbe abolirle?
Nella situazione appena descritta, è chiaro che sostenere i figli all’università è diventato impossibile. Abolire le tasse universitarie potrebbe essere un punto di partenza, insieme all’aumento degli investimenti anche statali sugli alloggi universitari.
I dati Censis, hanno messo in evidenza una diminuzione delle immatricolazioni: -2,8%:
Il paventato crollo delle immatricolazioni per effetto della crisi pandemica, evitato l’anno precedente grazie alle misure emergenziali messe in atto per contrastarlo, si è verificato nell’anno accademico 2021-2022, quando i nuovi iscritti si sono ridotti del 2,8%. Una variazione che equivale a 9.400 studenti in meno, la cui decisione di non iscriversi è il risultato di criticità congiunturali e di iniquità strutturali, che condizionano l’accesso alla formazione universitaria”.
Otto rettori su dieci sostengono che la crisi economica è la causa principale del calo delle immatricolazioni.
Il Governo deve correre ai ripari, il futuro del paese passa dallo studio e dalla ricerca. C’è la necessità di garantire a tutti i giovani l’accesso alla formazione. In egual misura.