Come evitare le tasse di successione sui depositi in banca

Niente tasse di successione su titoli di Stato e Pir, Esenti da imposte anche gli strumenti di debito pubblico emessi da enti locali e Paesi esteri white list.
2 anni fa
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successione

Le tasse di successione rappresentano un grana per gli eredi al momento di incassare i lasciti del defunto. Sia che si tratti di successione legittima che testamentaria. Al punto che spesso ci si trova a dover sostenere spese onerose per entrare in possesso dei beni.

Esiste però un escamotage per evitare le tasse di successone e quindi di versare all’erario in anticipo soldi per entrare in possesso dell’eredità. E’ sufficiente che i risparmi del de cuius siano investititi in titoli di Stato prima deld ecesso affinché la devoluzione del capitale sia poi esentata da imposte.

Su Btp, Bot e Pir non si pagano tasse di successione

Pochi conoscono questa possibilità, ma esiste ed è possibile dal almeno 30 anni. Dal 1990 (Dlgs n.346), infatti, Btp, Bot, CCt e altri titoli del debito pubblico italiano compresi i buoni fruttiferi postali non concorrono a formare l’attivo ereditario.

Pertanto al loro valore di mercato non si applica alcuna aliquota d’imposta successoria. Dal 2017 anche i Pir, cioè i piani individuali di risparmio, sono stati fatti rientrare nella normativa e quindi non soggetti a tasse di successione.

L’erede o gli eredi subentrano nella stessa posizione del defunto per quanto riguarda la tipologia dei titoli, il loro quantitativo e la scadenza. Ma solo dopo la conclusione della pratica di successione con l’Agenzia delle Entrate e quindi del pagamento delle relative imposte.

I titoli di Stato non andranno dichiarati nella massa ereditaria, ma potranno essere devoluti solo a conclusione del procedimento nella sua integrità. Quindi non si possono ereditare i titoli di Stato senza che sia stato ripartito e trasferito tutto il patrimonio.

Titoli di stato ed equiparati non soggetti a tasse di successione

Ma quali sono esattamente i titoli di Stato che sono esenti da tasse di successione? Normalmente si pensa che siano solo i titoli di debito pubblico nostrani, cioè Btp, Bot, CCt, Bfp.

Invece bisogna sapere che sono ricompresi tutti i titoli di Stato nazionali di Paesi esteri, Ue o Extra Ue, con i quali esistono scambi di informazioni fiscali reciproci con l’Italia (paesi white list).

Ma anche i titoli emessi da enti locali, sia nazionali che esteri (Comuni, Regioni, Province) equiparabili per natura a quelli emessi dal Tesoro. Idem per i titoli emessi da organismi internazionali (Bei, Bers, Birs eccetera). Tutti sono esenti dalle imposte successorie perché equiparati ai titoli di Stato, come i Buoni fruttiferi postali e ultimamente anche i Pir, i piani individuali di risparmio introdotti con la legge di bilancio del 2017.

Le imposte sui titoli dei Paesi white list

Per capire quali titoli di Stato esteri possono rientrare nel novero delle esenzioni alle tasse di successione è sufficiente conoscere il regime di imposizione fiscale con i quali sono classificati. Senza quindi scervellarsi a sapere se rientrano o meno nelle white list piuttosto che nella black list.

In linea generale, quindi, tutti i titoli di stato o equiparati soggetti a imposta sostitutiva agevolata del 12,50% sulle rendite finanziarie non sono passibili di imposizione successoria. Pertanto questi strumenti finanziari non devono essere dichiarati perché non concorrono alla formazione dell’attivo ereditario così come previsto dall’articolo 12 del decreto legislativo n. 346/1990 (“Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni”).

Quindi, un titolo di stato emesso dalla Repubblica del Brasile, ad esempio, soggetto a imposizione fiscale del 12,50% su rendite finanziarie non formerà l’attivo ereditario. Così come un prestito obbligazionario emesso dal Comune di Milano o dalla Regione Liguria.

Beni esclusi dall’attivo ereditario

Per completezza d’informazione riportiamo qui di seguito il testo di legge che esenta gli eredi dal pagamento delle tasse di successione sui beni lasciati in eredità.

Nello specifico, l’art. 12 del Dlgs 346/1990 recita che i beni che non concorrono a formare l’attivo ereditario sono:

  1. I beni e i diritti iscritti a nome del defunto nei pubblici registri, quando è provato, mediante provvedimento giurisdizionale, atto pubblico, scrittura privata autenticata o altra scrittura avente data certa, che egli ne aveva perduto la titolarità, salvo il disposto dell’art. 10;
  2. le azioni e i titoli nominativi intestati al defunto, alienati anteriormente all’apertura della successione con atto autentico o girata autenticata, salvo il disposto dell’art. 10;
  3. le indennità di cui agli articoli 1751, ultimo comma, e 2122 del codice civile e le indennità spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto;
  4. i crediti contestati giudizialmente alla data di apertura della successione, fino a quando la loro sussistenza non sia riconosciuta con provvedimento giurisdizionale o con transazione;
  5. crediti verso lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale, compresi quelli per rimborso di imposte o di contributi, fino a quando non siano riconosciuti con provvedimento dell’amministrazione debitrice.
  6. i crediti ceduti allo Stato entro la data di presentazione della dichiarazione della successione;
  7. beni culturali di cui all’art. 13, alle condizioni ivi stabilite;
  8. titoli del debito pubblico, fra i quali si intendono compresi i buoni ordinari del tesoro e i certificati di credito del tesoro;
  9. gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati, nonché ogni altro bene o diritto, dichiarati esenti dall’imposta da norme di legge
  10. i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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