È ormai anche nelle bozze che circolano sulla manovra finanziaria la quota 41 è la misura prescelta per il 2023. Ormai è certo che proprio la quota 41 sarà l’unica novità previdenziale rispetto allo scorso anno. Con le conferme anche di opzione donna e dell’Ape sociale, l’unica differenza che i lavoratori che intendono andare in pensione troveranno rispetto al 2022 sarà la quota 41 che prende il posto della quota 102. Anche questa volta la chiamano misura anti-scalone. Ma in pratica è una misura che il legislatori inseriscono nel sistema temporaneamente, per ammorbidire il contraccolpo che sul sistema causa una cessazione di una misura.
Le pensioni anticipate nel 2023, si abbassa l’età ma sale la contribuzione da versare, le novità
Anche con la Quota 41 sulle pensioni le disparità di trattamento resteranno sempre un fattore a tal punto che continuano ad esserci lavoratori che finiranno dentro lo scalone.
“Salve a tutti, il mio nome è Massimo e sono di Roma. Sono un lavoratore che ha già compiuto 64 anni di età, precisamente lo scorso 2 novembre. Purtroppo con le regole pensionistiche oggi in vigore Non riesco a trovare il modo per andare in pensione. Sicuramente posso reputarmi tra i più penalizzati per tutti questi cambiamenti previdenziali a cui ogni anno i lavoratori vengono esposti. E questa è una critica al governo che prima di tutto non ci fa capire niente su quello che si farà a livello pensionistico. E che poi continua a cambiare le carte in tavola spiazzando noi lavoratori. Mi sento altamente penalizzato da quello che sta facendo il governo, a prescindere dai colori, perché lo stesso fece il governo precedente. Infatti pur avendo completato 62 anni di età in tempo utile per la quota 100 la mia carenza in termini di contributi è stata sempre il mio tallone di Achille. E succede così anche stavolta con la quota 102. Ho 64 anni di età adesso, ma non riesco ad entrare nella quota 102 in vigore, perché ho solo 37 anni di contributi versati. Poco meno di un anno di contributi mi mancano per arrivare ai fatidici 38 che servirebbero per completare la quota 102, così come mi sarebbero serviti per completare la quota 100 anni prima. Il problema è che io 38 anni di contributi li completerò nel 2023 quando però l’ennesima novità sposta il limite a 41 anni.”
Lo scorso anno di questi tempi il governo Draghi introdusse la quota 102 come misura alternativa alla quota 100 che veniva chiusa il 31 dicembre scorso. Oggi invece, più o meno alla stessa data, il governo Meloni fa lo stesso, e vara la quota 41 in sostituzione della quota 102 che scadrà il prossimo 31 dicembre 2022. Due cose accomunano queste due misure. Si tratta di due misure che il governo vende come misure anti-scalone. In pratica due misure che servono ai lavoratori esclusi dalla misura precedente per evitare di restare al lavoro troppi anni in più rispetto a chi invece anche se per poco, ha centrato gli anticipi. Un obiettivo che per qualcuno è inevitabilmente raggiunto, perché non c’è misura che non lasci contento nessuno. Ma sarà una misura che lascia molti lavoratori fuori da questa specie di salvaguardia.
Per avere bene il quadro di cui parliamo, niente di meglio che approfondire ciò che è successo lo scorso anno anche perché si tratta di esperienze già maturate rispetto a quelle che si materializzeranno con la nuova quota 41. Un lavoratore che non ha completato i 62 anni di età oppure i 38 anni di contributi previdenziali utili per la quota 100, nel 2022 non ha potuto sfruttare la quota 102. Perché nel passaggio da quota 100 a quota 102, l’età pensionabile delle misura per quotisti è passata da 62 a 64 anni. Scalone pieno quindi per questi lavoratori nonostante le velleità del governo che davano quota 102 come misura anti-scalone di quota 100. In pratica molti lavoratori di questo tipo, non avendo avuto il via libera alla quota 100, e non rientrando nemmeno in quota 102, non hanno potuto che rimandare le uscite alle pensioni di vecchiaia ordinarie che si basano sui requisiti della legge Fornero e fissano l’età a 67 anni.
Se il governo Meloni intende varare quota 41 a partire dai 62 anni di età, come appare scontato adesso, rischia di commettere lo stesso errore. La quota 41 come alternativa alla quota 102 di oggi, finisce con il poter essere considerata una misura discriminante come le precedenti. È vero che molti potranno rientrare in questa quota 41 e quindi salvarsi dalla fine anticipata di quota 102. Ma molti altri non riusciranno a rientrarvi. Coloro i quali hanno avuto lo stop a quota 102 per via dell’età pensionabile e che magari si trovavano con una carriera contributiva già più lunga di 38 anni di contributi versati, potrebbero essere l’identikit perfetto di chi vedrà nella quota 41 una opportunità.
Ma abbassando la soglia anagrafica da 64 a 62 anni ed allo stesso tempo incrementando la soglia contributiva da 38 a 41 anni, significa tagliare fuori molti lavoratori. Escludendoli anche da questa misura. Ed il nostro lavoratore ne è un tipico esempio, dal momento che non ha una carriera lunga 41 anni di contributi utile alla nuova misura. Nonostante abbia un’età che dovrebbe consentirgli di entrare in quota 41, ha la carriera troppo corta. Chi è stato escluso da quota 100 e da quota 102 per via dei contributi inferiori a 38 anni nel 2021 o nel 2022, a 41 anni non arriverà certo nel 2023.
Parlare di esodati forse esagerato. Ma un lavoratore simile al nostro lettore si trova proprio in una condizione di questo genere. Perché è stato escluso prima da quota 100, poi dalla quota 102 ed infine anche dalla probabile quota 41. La soluzione, per evitare queste problematiche potrebbe essere quella di varare la quota 41, ma di lasciare prorogata per un altro anno la quota 102. Per lo meno, chi non è riuscito a rientrare nel 2022 per via di una carriera di 37 anni e non di 38, potrebbe farlo quest’anno. Una specie di salvaguardia che molti troverebbero conveniente. Ma se si inizia a parlare già di provvedimenti di salvaguardia, non si può non fare un passo indietro ai tempi della riforma Fornero. Tutti ricordano infatti che furono necessari per 8 provvedimenti di salvaguardia per limitare i danni per gli esodati. Cioè i danni a persone che per via dell’innalzamento repentino dei requisiti per le pensioni, si trovarono di colpo senza pensione e pure senza lavoro.