62 anni di età è stata una facoltà di molti lavoratori nel triennio tra il 2019 per il 2021. Poi nel 2022 scomparsa la quota 100 questa facoltà è venuta meno. Infatti la quota 102 che sostituiva la quota 100 portò l’età pensionabile per questo genere di misure da 62 a 64 anni. Ciò nonostante, va detto che il 2023 si aprirà con una grande novità, cioè con la possibilità di tornare a poter uscire dal lavoro in anticipo fino a 5 anni rispetto ai 67 anni di età previsti dalla pensione di vecchiaia ordinaria.
La pensione anticipata 5 anni prima
Ma oltre che cinque anni prima dei 67 anni di età, si potrà uscire anche cinque anni prima dei 42 anni e 10 mesi di contributi che servono per avere accesso alla pensione anticipata ordinaria. Infatti oltre alla quota 103 c’è anche il contratto di espansione, occasione però non estesa a tutti i lavoratori, ma solo a determinate tipologie. Ed è proprio di questo che ci parla il nostro lettore che ci chiede come deve fare a sfruttare quello che tutti gli effetti è qualcosa che non può essere sfruttato semplicemente per volontà da parte del lavoratore, ma ci vuole la volontà del datore di lavoro e un accordo sindacale su base ministeriale.
“Buonasera, volevo chiedervi alcuni chiarimenti sulla pensione con il contratto di espansione. Sono un addetto di una stamperia industriale e ormai viaggio verso i 41 anni di contributi con la stessa azienda. Il problema è che ho “solo” 60 anni di età. Ho iniziato a lavorare prestissimo, nella stessa azienda per cui ha lavorato una vita mio padre. Ad inizio 2023 completerà i 41 anni di carriera. A quanto ne so, la quota 103 prevede 62 anni di età e 41 di contributi. Io i 41 anni di contributi li ho, mi manca la giusta età. E allora vorrei sapere se il contratto di espansione può fare al mio caso, visto che non sono un precoce alle prese con un lavoro gravoso per poter sfruttare la quota 41.
Tutte le misure che nel 2023 possono dare diritto alla pensione con 41 anni di contributi
Fino al 31 dicembre 2022, l’unica via di uscita per la pensione con 41 anni di contributi è quella della misura per i precoci. Una misura che ha al suo interno una spiccata attitudine assistenziale. Infatti ha dei requisiti fissi, che però devono essere completati insieme ad altri requisiti specifici del lavoratore, che la fanno diventare rigida e a platea ridotta o quanto meno contenuta. I requisiti per la quota 41 precoci sono:
- 41 anni di contributi versati;
- 35 anni di contributi effettivi e neutri da disoccupazione e malattia;
- 1 anno di contributi prima dei 19 anni di età;
- assistenza parente disabile grave e convivente con il richiedente;
- invalidità al 74% minimo;
- disoccupazione;
- lavoro gravoso in 7 degli ultimi 10 anni o in 6 degli ultimi 7.
La pensione a 62 anni con quota 103
Per qualche settimana la novità che la legge di Bilancio stava per partorire è stata chiamata quota 41. Poi ha preso il nome di quota 103, forse per differenziarla dalla misura per i precoci. Oppure perché effettivamente la somma di età e contributi necessari porta a 103. Sta di fatto che anche con la novità della manovra, 41 anni di contributi basteranno. Ma servono 62 anni di età. Cosa che molti non raggiungono e quindi questo li esclude, come per il nostro lettore, dalla nuova quota 103. Quindi, niente quota 41 perché non è precoce, e niente quota 103 per mancato rispetto del limite anagrafico. L’unica strada quindi resta la pensione con il contratto di espansione. Che tutto è fuorché una classica misura previdenziale. Infatti serve che sia l’azienda ad avviare questo contratto di espansione con una intesa in sede ministeriale con i sindacati.
Il contratto di espansione in sintesi
I rappresentati dei lavoratori insieme al datore di lavoro, devono approntare un piano che porti ad un turnover in seno all’organico dipendenti.
Pensione con il contratto di espansione, come funziona?
Oltre alla risoluzione in anticipo del rapporto di lavoro con quanti si trovano a 5 anni dai 67 anni, o a 5 anni di lavoro dai 42,10 (per le donne 41,10), c’è la via alternativa della riduzione di orario di lavoro o la sospensione con cassa integrazione di massimo 18 mesi. Tornando al contratto di espansione a 62 anni di età o con 37,10 di contributi, tale opportunità consente ai lavoratori di anticipare di 5 anni la quiescenza. La pensione, o meglio, l’assegno di prepensionamento, sarebbe pagato al lavoratore dall’INPS, ma finanziato dall’azienda stessa che verserebbe il corrispettivo all’INPS. L’importo sarebbe pari alla pensione maturata al momento dell’uscita dal lavoro.
Anche la contribuzione figurativa è garantita per questa pensione anticipata
Solo per l’anticipo rispetto ai 42,10 della pensione anticipata ordinaria, l’azienda verserebbe anche la contribuzione mancate per tutti gli anni di anticipo in modo tale da non rimetterci nulla dal punto di vista dell’assegno pensionistico. L’azienda otterrebbe dall’INPS lo sconto sul versamento dell’assegno di prepensionamento al lavoratore, in misura pari alla NASPI che il lavoratore avrebbe dovuto percepire per tutti gli anni di indennità spettanti che possono arrivare come noto, a 24 mesi.