Trasferirsi all’estero per godersi una pensione piena e senza tasse è un obiettivo ricorrente di molti italiani. Il fisco pesa molto sulla rendita e molti decidono, anche a fronte di sacrifici non trascurabili, di abbandonare il Bel Paese.
Non senza aver valutato, oltre alla convenienza fiscale sulla pensione, anche il luogo dove si sceglie di trascorrere il resto della propria vita. E sono molti coloro che scelgono mete calde e tranquille. Più di 326 mila secondo le rilevazioni Inps di fine 2021.
Come si ottiene la pensione senza tasse
Le mete più vicine all’Italia sono svariate. Si va dal Portogallo, alla Tunisia passando dalla Grecia o dall’Albania. Ogni Paese offre opportunità diverse per pagare meno tasse e le scelte sono spesso ponderate in base anche ad altri fattori, come il costo della vita o il clima.
Ma come si ottiene la defiscalizzazione della pensione una volta trasferitisi all’estero? Il procedimento non è automatico e non è conseguente all’iscrizione all’Aire, il registro pubblico degli italiani residenti all’estero. Il pensionato deve sapere che occorre comunicare al proprio ente pensionistico la richiesta di detassazione.
Allo scopo è necessario inoltrare tutta una serie di documenti che ne attestino la residenza effettiva. Insomma, ancora lunghi e tortuosi passaggi burocratici che spesso sono svolti da agenzie competenti presenti sul territorio o dai consolati italiani. Cose di non semplice attuazione se il pensionato si trova distante da questi servizi.
A supporto della richiesta di detassazione della pensione è quindi necessario inoltrare i seguenti documenti:
- copia del passaporto;
- copia della richiesta all’ambasciata d’Italia di iscrizione all’Aire;
- certificato di residenza Aire;
- domanda di esenzione dall’imposizione italiana sulle pensioni Modello EP I/2 corredata di attestazione rilasciata dall’autorità fiscale locale.
Il rischio, in assenza di questa domanda, che comunque richiede tempi di lavorazione non ben definiti, sono quelli di subire la doppia imposizione fiscale per molti mesi.
Le residenze fittizie e i controlli del fisco
Detto questo, ci sono pensionati che formalmente si prendono la residenza all’estero ma poi continuano a vivere abitualmente in Italia. A volte basta un semplice contratto d’affitto sul posto o una dichiarazione di ospitalità a certificare la residenza altrove.
Ricordiamo che per il fisco italiano, non basta l’iscrizione Aire per acquisire il diritto di residente stabile all’estero. E’ necessario che il pensionato trasferisca oltre confine anche tutte le proprie attività e interessi. Come recita la legge,
“il domicilio di una persona è il luogo in cui essa stabilisce la sede principale dei suoi affari inteso come sede principale degli affari e interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali”.
Per cui è sempre bene prestare la massima attenzione quando si decide di spostare la propria residenza all’estero. Soprattutto se si è pensionati. L’Inps paga infatti più di 1,37 miliardi di euro all’anno di pensioni all’estero, con una perdita di gettito fiscale pari a mezzo miliardo di euro.
L’Agenzia delle Entrate e l’Inps effettuano periodicamente controlli, anche tramite i consolati e la Guardia di Finanza, sulle persone iscritte all’Aire. Nell’ambito delle misure più recenti adottate dai Paesi membri Ue sul monitoraggio fiscale, gli uffici acquisiscono tutta una serie di informazioni dal Paese ospitante che sono poi incrociate con quelle reperibili dall’anagrafe tributaria.
In altre parole, basta che il pensionato possieda un autoveicolo, abbia un contratto telefonico o utilizzi frequentemente la carta di credito in Italia per scoprire l’elusione e l’evasione fiscale. Se poi lo stesso ricorre abitualmente all’assistenza sanitaria italiana, è ancora più semplice per il fisco far quadrare i risultati.