La parola chiave in queste settimane in Nigeria è “cashless”. Il presidente Muhammudu Buhari ha deciso di abbracciare la lotta al contante per combattere l’elevata evasione fiscale, la criminalità e cercare allo stesso tempo di risollevare le sorti dei conti pubblici. Pensate che le entrate statali ammontano solamente al 7% del PIL, una delle percentuali più basse al mondo. Naturale che i bilanci chiudano cronicamente in passivo. Ed ecco che da quest’anno le banconote da 200 (0,40 euro), 500 (1 euro) e 1.000 naira (2 euro) sono state messe fuori corso per essere rimpiazzate da altre di nuova emissione.
Lotta al contante, limiti ai prelievi
Le ricerche su Google in merito a Bitcoin sono letteralmente esplose, risultando le seconde più alte al mondo in Nigeria. La lotta al contante ha avuto l’effetto indesiderato per il governo di spostare denaro a favore di un asset semi-bandito nel paese. Due anni fa, il divieto per le istituzioni finanziarie domestiche di offrire servizi legati alle monete digitali. Anche allora le quotazioni di Bitcoin schizzarono molto al di sopra dei livelli internazionali. In più, adesso il governo ha imposto limitazioni ai prelievi di denaro a 20.000 naira (40 euro) al giorno e 100.000 naira (200 euro) alla settimana. Dinnanzi al caos, ha dovuto prolungare il periodo disponibile per scambiare le vecchie con le nuove banconote al prossimo 17 febbraio.
C’è paura tra i nigeriani per la carenza di liquidità e ciò spiega il boom della domanda di Bitcoin. Ma dietro vi sarebbe anche la via di fuga trovata da molti evasori fiscali, i quali non possono presentarsi in banca per scambiare le vecchie banconote con le nuove, non essendo in grado di dimostrarne l’origine oltre certi quantitativi. L’acquisto di “criptovaluta” aggira l’ostacolo e consente, oltre tutto, agli investitori di ottenere valuta straniera da convertire all’occorrenza o spendere direttamente nel paese o all’estero.
Bitcoin risposta a crisi di liquidità
Un dollaro vale ufficialmente 460 naira secondo il tasso fissato dalla banca centrale. Ma sul mercato nero si scambia contro 756 naira, un tasso del 64% più alto. Il cambio ufficiale perde il 10% in un anno, quello illegale il 25%. Ad essere onesti, la situazione finanziaria appare meno disperata di quanto pensiamo. Le riserve valutarie ammontano a 37 miliardi di dollari, più che sufficienti per finanziare le importazioni nel breve e medio termine. E sia la bilancia commerciale che le partite correnti esitano ormai saldi attivi. In pratica, le esportazioni di beni, servizi e capitali superano le importazioni. Il Fondo Monetario Internazionale ha anche migliorato le stime di crescita del PIL al 3,2% quest’anno, lodando gli sforzi del governo per migliorare l’economia attorno alle estrazioni di petrolio.
L’inflazione, tuttavia, resta alta: 21,3% a dicembre. E i rendimenti dei bond sovrani segnalano di trovarsi in stato di stress per via degli elevatissimi spread offerti rispetto ai T-bond. Insomma, nel boom di Bitcoin si cela forse qualcosa di più della semplice fuga dalla lotta al contante. C’è la paura che la carenza di liquidità di queste settimane aggravi una condizione già pessima dell’economia, finendo per alimentare una qualche crisi finanziaria.