Boom di utili, dividendi a gogo agli azionisti ed esplosione dei titoli in borsa. È questa la condizione di grazia in cui si trovano le banche italiane in quella che, in teoria, sarebbe una delle peggiori congiunture per l’economia europea negli ultimi decenni. Il rialzo dei tassi d’interesse è ancora in corso. La Banca Centrale Europea sta cercando così di piegare l’inflazione, che nei mesi scorsi era salita nell’Area Euro in doppia cifra per la prima volta da quando è nata la moneta unica.
Le banche raccolgono la liquidità da prestare facendosela a loro volta prestare dai clienti con l’accensione di conti correnti e conti deposito. Esistono strumenti più evoluti, come i pronti contro termine e le obbligazioni bancarie. Tuttavia, trattasi di operazioni marginali rispetto ai grandi numeri dei conti tradizionali. Stando all’ultimo rapporto dell’Associazione bancaria italiana, a gennaio i tassi medi praticati dalle banche sui prestiti erogati erano saliti al 3,51% dal 3,20% di dicembre. Tra l’altro, su un nuovo mutuo il tasso è salito in un solo mese dal 3,01% al 3,53%.
Banche favorite da rialzo dei tassi BCE
Nel frattempo, i tassi pagati sui conti deposito sono saliti allo 0,49% dallo 0,45% di dicembre. Sui conti correnti siamo passati dallo 0,15% allo 0,17%. Se facciamo un confronto con il mese di luglio dello scorso anno, a partire dal quale la BCE ha alzato i tassi, ai conti deposito è stato già offerto +0,17% e ai conti correnti +0,15% su base annua. Nel frattempo, però, sui prestiti erogati alla clientela il tasso medio è salito dal 2,25% al 3,51% (+1,26%). Ma guardando ai soli nuovi prestiti, passiamo da 1,31% a 3,70% (+2,39%) per le imprese non finanziarie e da 2,15% a 3,53% (+1,36%) sui nuovi mutui.
Nel periodo luglio-gennaio, i tassi BCE sono saliti da 0 al 2,50%. Emerge da queste cifre che le banche hanno scaricato quasi l’intero aggravio sui prestiti alle imprese, solo parzialmente sui nuovi mutui. D’altra parte, i loro tassi passivi sono rimasti quasi invariati. Com’è possibile? Il punto è che le banche dispongono ancora di abbondante liquidità offerta loro dalla BCE negli anni della pandemia. Furono 2.100 miliardi di euro i prestiti T-Ltro erogati a tassi fino al -0,10%.
Dal novembre scorso, questi prestiti vanno rimborsati ai tassi BCE medi ponderati. E Francoforte ha sollecitato il rimborso anticipato per porre fine a un’anomalia monetaria con conseguenze imbarazzanti e indesiderate: le banche fanno utili semplicemente depositando presso la stessa BCE i soldi da questa prestati a tassi negativi. Inoltre, i risparmi dei clienti non vengono remunerati a sufficienza, di fatto incentivando i consumi e finendo per acuire il problema dell’inflazione.
Possibile beffa per risparmiatori
Tra novembre e febbraio, però, le banche dell’Eurozona hanno rimborsato in anticipo neppure 400 miliardi. Possono continuare, quindi, a fare “marameo” ai clienti, i cui conti deposito restano quasi del tutto infruttiferi. Anzi, istituti come Unicredit possono permettersi di modificare le condizioni contrattuali unilateralmente, tra cui aumentando il costo dei conti correnti già aperti. Dal canto loro, le banche si difendono sostenendo che questa condizione loro favorevole segue anni di magra, in cui non erano riuscite a trasferire il costo dei tassi negativi alla clientela. Peccato che si siano dimenticate di dire che approfittarono alla grande di quel periodo con prestiti dalla BCE illimitati, di lungo periodo e a tassi sottozero.
La festa potrà continuare fintantoché le banche italiane non avranno restituito tutti i prestiti T-Ltro ottenuti durante la pandemia. Ci sono elevate probabilità che lo facciano alle scadenze naturali, cioè entro il 2024.