Aumento pensioni 2023 per molti ma non per tutti, ecco gli esclusi

Aumento pensioni 2023 per molti ma non per tutti, ecco gli esclusi secondo l'ultima circolare dell'INPS e perché.
2 anni fa
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Aumento pensioni gennaio
Foto © Pixabay

Le pensioni degli italiani ogni anno vengono adeguate all’aumento del tasso di inflazione. E nel 2023, gli aumenti saranno più cospicui perché è stato abbastanza rilevante il tasso di inflazione calcolato dall’ISTAT. Il nuovo meccanismo di indicizzazione ha fatto si che molti di questi pensionati hanno già ricevuto gli attesi aumenti di assegno da gennaio. Altri però inizieranno a prenderli dal rateo di pensione di marzo. Non tutti però riceveranno questi aumenti. Perché ci sono alcuni pensionati che per legge non hanno diritto all’incremento degli assegni relativi alla perequazione.

“Buonasera, sono un titolare di pensione dal 2021. Ho 66 anni di età e prendo un assegno da 1.100 euro al mese praticamente dal mese di marzo 2021, cioè da quando sono andato in pensione con l’Ape sociale. L’assegno da marzo 2021 a febbraio 2023 non è mai cambiato come importo. Sento tanto parlare di aumenti di assegno, ma è possibile che a me non spetti mai questo aumento?”

Arriva l’aumento pensioni a marzo 2023, ma per molti nulla da fare ancora una volta

A marzo arriva la seconda ondata di aumenti delle pensioni. Anzi, c’è chi parla di maxi-assegno per i pensionati a marzo. Stavolta gli aumenti toccheranno i titolari di prestazioni di importo pari o superiore a quattro volte il minimo. Parliamo di pensioni pari a circa  2.100 euro al mese. Per chi prende una pensione più bassa gli incrementi sono stati già liquidati a gennaio e febbraio. Per le pensioni più alte quindi, i primi due mesi dell’anno non hanno prodotto nessun incremento. E il maxi assegno di marzo parte proprio da questo. Infatti insieme al nuovo importo della pensione, ricalcolato in base al tasso di inflazione, ecco che arriveranno per questi pensionati anche le differenze di importo di gennaio e febbraio.

Per l’Ape sociale nessun aumento

Tutto confermato da una recente circolare dell’Inps che ha confermato nel mese di marzo l’erogazione degli arretrati e naturalmente, il ricalcolo della prestazione alla luce della perequazione per trattamenti da 4 volte il minimo in su.

Ma nella stessa circolare ha anche di fatto, dato risposta al nostro lettore. Infatti la perequazione e l’adeguamento della prestazione all’aumento del costo della vita non si applica all’Ape sociale. L’Anticipo pensionistico sociale è una prestazione di accompagnamento alla pensione. Infatti viene erogata a partire dai 63 anni di età a chi svolge un lavoro gravoso e ha 36 anni di contributi versati. Oppure a invalidi, caregiver e disoccupati che hanno anche 30 anni di contributi versati.

Le particolarità dell’Ape sociale

La misura è piena di vincoli ed è temporanea. Si ferma a 67 anni, quando gli interessati dovranno presentare domanda di pensione di vecchiaia. La misura non è reversibile a causa di decesso prematuro del beneficiario. Non prevede la corresponsione degli assegni familiari e non prevede le maggiorazioni sociali o le integrazioni al trattamento minimo. Inoltre, può arrivare a massimo 1.500 euro al mese, a prescindere dai contributi versati. E, infine, non si adegua annualmente al caro vita. Quindi, il nostro lettore ancora fino ai 67 anni di età percepirà la stessa pensione che ha sempre incassato, a partire dalla data di decorrenza del trattamento, cioè da marzo 2021.

 

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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