I lavoratori impatriati sono i contribuenti con il maggiore malcontento rispetto alle misure contenute nella c.d. pace fiscale. Infatti, la speranza di sanare gli omessi versamenti preventivi richiesti dalla legge per la proroga della tassazione agevolata con una delle misure di cui alla pace fiscale, è stata disattesa dall’Agenzia delle entrate con la circolare n° 6; infatti, tra i vari chiarimenti forniti sulla pace fiscale, l’Agenzia delle entrate ha bloccato la possibilità di ravvedimento speciale.
In precedenza c’era stato lo stop sia al ravvedimento ordinario sia alla c.d. remissione in bonis.
Da qui, pare utile fare un quadro riassuntivo rispetto ai lavoratori impatriati che non hanno effettuato o lo hanno fatto in ritardo (o solo parzialmente) il versamento a loro richiesto dalla Legge per prorogare il regime fiscale agevolato.
Il regime fiscale agevolato per i lavoratori impatriati
Il regime fiscale agevolato per i lavoratori impatiriati è previsto dall’art.16 del D.Lgs 147/2015.
L’agevolazione riguarda sia i lavoratori dipendenti sia gli autonomi, imprenditori e professionisti.
Ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, è necessario che il contribuente:
- non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno due anni,
- dopo il trasferimento, svolga attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
La tassazione agevolata, spetta anche i cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE). Purché, nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento, abbiano risieduto in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.
Grazie al regime di tassazione agevolata, gli impatriati pagano le imposte solo sul 30% del reddito prodotto o sul 10% nel caso in cui la residenza è spostata in una delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.
Il regime agevolato dura 5 anni, al ricorrere di determinati requisiti, può essere esteso per un ulteriore quinquennio.
Niente ravvedimento e remissione in bonis per i lavoratori impatriati che non pagano
La possibilità di prorogare il regime fiscale agevolato (5+5), riguarda anche coloro i quali hanno trasferito la residenza in Italia prima del 30 aprile 2020. E che, al 31 dicembre 2019 beneficiano già del regime per i “lavoratori impatriati”.
Per tali soggetti, la proroga è subordinata al preventivo pagamento in F24 di un importo pari al 10% o al 5%, a seconda dei requisiti posseduti, dei redditi agevolati relativi all’annualità precedente a quella di esercizio dell’opzione (vedi provvedimento Agenzia delle entrate 3 marzo 2021).
Effettuato il versamento, i lavoratori dipendenti sono tenuti a chiedere al datore di lavoro di fruire dell’agevolazione mediante un’apposita richiesta scritta.
Se il versamento non viene effettuato o è effettuato in ritardo o in maniera carente, il contribuente potrebbe pensare di ricorrere a una delle seguenti misure:
- ravvedimento ordinario;
- ravvedimento speciale;
- remissione in bonis.
Tuttavia, l’Agenzia delle entrate nella circolare n° 6/2023 ha chiarito che l’omesso versamento (anche carente o tardivo), non è sanabile né tramite ravvedimento speciale né tramite ravvedimento operoso; sul ravvedimento operoso l’Agenzia delle entrate aveva espresso parere negativo già con la risposta n° 223/2023.
Inoltre, non è percorribile neanche la c.d remissione in bonis.
Dunque, l’omesso versamento non può essere sanato in alcun modo. Di conseguenza, si perde la possibilità di prorogare la tassazione agevolata per un ulteriore quinquennio.