Sono passati quasi 27 mesi dall’avvio della riforma monetaria, che nel gennaio del 2021 portò all’abolizione del CUC, il peso convertibile di Cuba. Le conseguenze, però, continuano a impattare molto negativamente sulle vite di 11 milioni di abitanti. Nell’anno conclusosi al 30 settembre scorso, risultano essere espatriati in 224.000, +475% rispetto ai 39.000 dell’anno precedente. E le dogane degli Stati Uniti hanno registrato 50.000 ingressi di cittadini cubani solamente tra dicembre e gennaio. Gran parte di chi fugge dalla miseria, s-vende casa e con i soldi racimolati si paga il viaggio dal Messico, attraverso il quale giungere nel Nord America.
Sull’isola manca di tutto, dal cibo ai medicinali. Si è costretti a fare lunghe file per sperare di trovare anche generi di prima necessità. E spesse volte si ritorna a casa a mani vuote. Tra l’altro, i prezzi non fanno che esplodere. A febbraio, l’inflazione è salita al 44,5% per le statistiche ufficiali. Ma c’è poco da fidarsi dei numeri pubblicati dal regime comunista, retto dal presidente Miguel Diaz-Canel. Nel 2021, ad esempio, per il governo l’inflazione sarebbe stata del 70%, mentre per alcuni analisti indipendenti sarebbe arrivata fino al 500%.
Con la riforma monetaria, per un dollaro servivano 25 CUP o pesos cubani. Ma a quel tasso di cambio le riserve di dollari si erano prosciugate e l’impossibilità di importare alcunché dall’estero aveva provocato una drammatica carenza di ogni sorta di bene. E così, nell’agosto del 2022 il governo introduce un cambio di mercato gestito da una piattaforma statale: CADECA. Il tasso fu fissato a 120 pesos contro 1 dollaro. Il problema è che ancora oggi il cambio risulta sopravvalutato, tant’è che al mercato nero un dollaro si scambia contro 160 pesos locali.
Cuba spera solo nella ripresa del turismo
Perlomeno, però, la domanda di dollari sembra essersi ridotta e la carenza di beni attenuata. Ma resta un’economia depressa, che non si è per nulla risollevata dalla pandemia.
Le scene di miseria non aiutano ad accrescere l’appeal di Cuba. Molti stranieri temono che gli alberghi siano carenti sia di cibo che di servizi come l’energia elettrica. La repressione violenta delle proteste nell’estate del 2021 non ha certo sostenuto l’immagine dell’isola. In ogni caso, l’amministrazione Biden non sta avendo tra le sue priorità il riallaccio delle relazioni diplomatiche con L’Avana. Il suo predecessore Donald Trump aveva inserito Cuba nella lista degli stati sponsor del terrorismo alla fine del mandato, con ciò bloccando l’invio diretto delle rimesse in dollari nel paese. L’embargo va avanti ormai da oltre sessanta anni, ma a colpire l’economia domestica è soprattutto l’assenza di una strategia di rilancio.
Gli eredi del castrismo vogliono mantenere intatte le caratteristiche dello stato socialista. Per quanto l’esercizio di migliaia di professioni sia stato ufficialmente reso libero sin dal 2021, la realtà è che ancora oggi lo stato detiene il controllo dei centri vitali della produzione. Il turismo rappresenta forse il comparto in cui il settore privato è riuscito a ritagliarsi un ruolo dominante, vivacizzando l’economia e aumentando le prospettive di guadagno dei lavoratori. La pandemia ha assestato un colpo durissimo, dal quale l’isola sta faticando a rialzarsi.