Quanto prenderemo di pensione al termine della carriera lavorativa? Domanda che ci si pone spesso alla prima esperienza lavorativa di fronte a un contratto di lavoro da dipendente di medio livello retributivo.
Benché sia prematuro per un giovane che inizia a lavorare oggi fare delle previsioni, possiamo formulare delle ipotesi. Sulla base delle regole attualmente in vigore che, si sa, non sono per sempre ma suscettibili di cambiamenti frequenti. Prendiamo a esempio quindi un ventenne che viene assunto stabilmente in una azienda con progressione di carriera media con uno stipendio lordo di 2.000 euro al mese
Che pensione con 2.000 euro al mese di stipendio
Simuliamo che il lavoratore vada in pensione a 67 anni e dopo 40 anni di lavoro.
Posto che un lavoratore dipendente abbia versato contributi calcolati su uno stipendio medio di 2.000 euro al mese per 13 mensilità all’anno, la domanda da porsi è quanti soldi avrà accumulato dopo 40 anni di lavoro nella gestione pensionistica. Un conteggio che non è difficile in un contesto di versamenti in una unica gestione e con il sistema di calcolo contributivo.
A conti fatti, considerata l’aliquota media contributiva del 33%, il lavoratore si troverà all’età di 67 anni un gruzzolo (montante contributivo) pari a 343.200 euro. Applicando il coefficiente di trasformazione per l’età anagrafica salta fuori una pensione di 19.640 euro all’anno. Diviso per tredici mensilità diventano 1.511 euro al mese.
Il tasso di sostituzione
Quindi, facendo i conti della serva, il lavoratore andrà in pensione a 67 anni con una rendita che equivale al 26% in meno dello stipendio. Il tasso di sostituzione è quindi pari al 74%, cioè la pensione futura varrà circa tre quarti dello stipendio medio percepito.
Lo stesso lavoratore potrebbe uscire in anticipo anche a 64 anni, a patto che maturi un assegno pari ad almeno 2,8 volte l’importo l’assegno sociale (1.409 euro). Cosa che non sarebbe possibile con una retribuzione da 2.000 euro al mese perché avrebbe una pensione di 1.368 euro a 64 anni di età.
Ovviamente questa è solo una simulazione e vale nella migliore delle ipotesi, cioè che il lavoratore vada in pensione a 67 anni e con 40 anni di anzianità contributiva. Cosa sempre più difficile considerando la precarietà dell’occupazione in Italia e gli eventuali buchi previdenziali causati da imprevisti, come la perdita del lavoro o la riduzione dell’orario dello stesso.