Cercare di andare in pensione raggiungendo oltre all’età anche la giusta carriera contributiva è quello che ogni lavoratore cerca di fare a prescindere dalla misura di pensionamento prescelta. Anche le pensioni anticipate, che non hanno limiti anagrafici, hanno nel requisito contributivo un fattore fondamentale che consente al lavoratore interessato di poter accedere alla quiescenza. Nel sistema pensionistico italiano esistono degli strumenti utili a completare la carriera lavorativa che serve per una determinata misura previdenziale. Questi strumenti utili ad agevolare le pensioni si chiamano maggiorazioni contributive.
In pratica sono strumenti che consentono di raggiungere una determinata carriera contributiva anche se si è lavorato meno rispetto a quello che la misura pretende da un lavoratore. Perché un anno di contributi può arrivare a valere di più dei 12 mesi. Può sembrare strano ma effettivamente è così. Naturalmente non tutti i contribuenti possono avere diritto a queste maggiorazioni perché si tratta di strumenti che riguardano soltanto determinate categorie di lavoratori.
“Buonasera, mi chiamo Luisa e sto per andare in pensione avendo raggiunto i 67 anni di età. Mi dicono che devo fare richiesta all’INPS affinché mi applichino la maggiorazione dei contributi per i miei 3 figli. Ho 28 anni di contributi e secondo voi potrei aumentare la mia carriera prendendo una pensione più alta grazie alle maggiorazioni?”
“Gentile redazione, sono un invalido dal 2014, quando per via di una patologia, la Commissione Medica Invalidi Civili mi ha assegnato il 76% di invalidità. Ma ho continuato comunque a lavorare. Dal momento che ho 38 anni di contributi versati secondo voi se sfrutto la maggiorazione invalidi ho possibilità di arrivare ai 42,10 anni di contributi utili alla pensione anticipata?”
Cosa sono le maggiorazioni contributive convenzionali per le pensioni
Le maggiorazioni contributive altro non sono che particolari strumenti o agevolazioni che riguardano i contributi versati da un determinato lavoratore. In pratica grazie a queste agevolazioni, nel montante contributivo di un lavoratore possono essere accreditati dei contributi aggiuntivi.
Le maggiorazioni contributive convenzionali e la pensione prima del previsto
Ci sono casi in cui il lavoro svolto in determinate condizioni da diritto alla maggiorazione contributiva. Ed il lavoro svolto da un invalido, naturalmente dopo aver ottenuto la certificazione della disabilità dalla competente Commissione Medica Invalidi Civili delle ASL, vale di più del lavoro svolto da una persona non disabile. In pratica per i periodo di lavoro svolti come invalidi, i contribuenti hanno diritto ad una copertura contributiva più alta e potenziata. Si parla nello specifico di anzianità contributiva convenzionale. Ed è una contribuzione che si va a sommare a quella effettivamente raggiunta dal lavoratore.
Il surplus contributivo a volte vale solo per il diritto alla pensione, nel senso che serve solo per ottenere l’accesso ad una determinata misura pensionistica. In altri casi la maggiorazione contributiva vale anche per il calcolo della pensione. In questo caso si parla di strumento che vale anche per la misura della prestazione. Ricapitolando, si tratta di strumenti che consentono l’accesso anticipato alla pensione o l’incremento del trattamento previdenziale percepito.
Le maggiorazioni contributive sono davvero molte
Ma non ci sono solo invalidi e madri a godere di trattamenti vantaggiosi come lo sono le agevolazioni delle maggiorazioni. L’articolo n° 18 della legge 153 del 1969 per esempio, tratta di maggiorazioni per i lavoratori addetti alle cave, alle miniere e simili. Questi lavoratori in virtù di quella legge possono godere, se hanno svolto almeno 15 anni di lavoro sotterraneo, una maggiorazione fino a 5 anni.
Invalidi, un anno di lavoro vale di più se svolto dopo il verbale della Commissione
Ciechi, sordomuti o invalidi in genere possono godere della maggiorazione prevista dalla legge n° 388 del 2000.Per costoro, vale la regola prevista dall’articolo n° 8 comma 3 di quella legge che stabilisce un bonus di 2 mesi di contributi aggiuntivi ogni anno di lavoro svolto dopo il riconoscimento dell’invalidità. E fino ad un massimo di 5 anni. In questo caso il bonus contributivo vale anche per la misura della prestazione, perché garantisce un trattamento economico più alto. In qualsiasi caso le maggiorazioni contributive non sono automatiche.
L’INPS infatti pretende domanda da parte del diretto interessato. Naturalmente la domanda non deve essere per forza di cose preventiva, perché può essere effettuata contestualmente alla presentazione della domanda di pensione. Gli interessati possono farsi assistere da un Patronato per l’espletamento della pratica. In alternativa sono validi i canali telematici accessibili mediante l’utilizzo delle credenziali di accesso SPID, CIE o CNS. E naturalmente collegandosi al sito istituzionale dell’Istituto Nazionale di previdenza Sociale Italiano (inps.it) accedendo all’area personale del cittadino.
Anticipo pensione per le madri lavoratrici
Non si può parlare di maggiorazione contributiva convenzionale per quella che riguarda determinate lavoratrici. Infatti ci sono misure di favore per le donne in base ai figli avuti. Ma non prevedono contribuzione aggiuntiva di quella effettiva come le altre maggiorazioni convenzionali prima citate. Non c’è accredito di contributi figurativi per le madri lavoratrici che rientrano nel sistema contributivo. Ma non mancano aiuti. Parliamo di lavoratrici che hanno iniziato la carriera ed i versamenti previdenziali dopo il 1996. Per queste lavoratrici che hanno avuto figli nella loro vita, esiste una agevolazione sulla pensione di vecchiaia ordinaria.
Infatti ogni figlio avuto sconta 4 mesi sull’età anagrafica che per esempio, nel 2023 è pari a 67 anni. Il limite massimo è di 12 mesi, naturalmente appannaggio di chi ha avuto 3 o più figli. Chi non è interessata all’anticipo, può godere, sempre in base a questa maggiorazione, una pensione più elevata. Perché si può maggiorare il coefficiente di trasformazione della pensione utilizzato. E per chi ha avuto 3 o più figli, l’uscita a 67 anni permette di calcolare la pensione utilizzando il coefficiente dei 68 anni.
Anche opzione donna ha le sue maggiorazioni?
Stesso discorso e stesse agevolazioni per la nuova versione di Opzione Donna. Per le lavoratrici che hanno avuto un figlio, l’età di uscita che è fissata a 60 anni (con 35 anni di contributi almeno) per Opzione Donna 2023, scende a 59 anni. Con due o più figli scende a 58 anni. Ma solo per invalide e caregiver, che sono due delle quattro tipologie di lavoratrici (disoccupate e assunte in aziende in crisi le altre due che possono uscire a 58 anni a prescindere dai figli avuti, nda) a cui Opzione Donna 2023 si applica.