“In Italia deve passare il concetto che chi fa una dichiarazione dei redditi fasulla non è un furbetto ma uno che tradisce il proprio Paese“, ha affermato qualche tempo fa Pietro Grasso. Tanti, purtroppo, sono coloro che decidono di dichiarare il falso in sede di dichiarazione dei redditi al fine di poter pagare meno tasse. E quindi ottenere un risparmio non indifferente. Non tutti i contribuenti, però, sono così. Anzi, ci sono addirittura persone che rischiano di pagare più del previsto.
È quanto potrebbe accadere a diversi italiani che vivono e lavorano all’estero che potrebbero finire per pagare le tasse sia nel nostro Paese che in quello in cui si sono momentaneamente trasferiti. Ma è davvero così? Fortunatamente no.
A fornire maggiori chiarimenti in merito ci ha pensato l’Agenzia delle Entrate che ha pubblicato una guida attraverso cui spiega quando le imposte sui redditi si pagano in Italia. Ecco come funziona.
Quali tasse devi pagare in Italia se vivi e lavori all’estero
Diversi sono gli italiani che per motivi di lavoro vivono all’estero. Ma quest’ultimi devono pagare le tasse nel nostro Paese? Ebbene, per fornire una risposta a tale quesito si deve far riferimento al concetto di residenza fiscale. Entrando nei dettagli, sono considerati fiscalmente residenti nel nostro Paese coloro che per almeno 183 giorni all’anno, 184 in quelli bisestili, risultano iscritte nell’Anagrafe delle persone residenti. In alternativa devono avere il proprio domicilio o la propria dimora abituale in Italia o essersi trasferiti in un Paese avente un regime fiscale privilegiato.
Ebbene, come si evince dalla guida pubblicata dall’Agenzia delle Entrate, stando al “principio della tassazione mondiale (World Wide Taxation Principle)“, coloro che lavorano all’estero ma hanno la residenza in Italia, hanno l’obbligo di pagare le tasse nel nostro Paese.
“Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”.