Dopo che l’agenzia di rating S&P aveva confermato il rating dei BTp, notando la “prudenza fiscale” e il “pragmatismo” del governo Meloni in continuità al predecessore, era stata Goldman Sachs ad avvelenare il clima attorno ai titoli del debito pubblico italiano. La banca d’affari americana prevede che lo spread salga a 235 punti base entro fine anno, a causa delle pressioni sui costi legati alla stretta monetaria della Banca Centrale Europea (BCE). E ieri è stata la volta di Moody’s, che dovrà pronunciarsi ufficialmente sul rating dell’Italia il prossimo 19 maggio.
Secondo quanto riportato dal quotidiano finanziario americano, Moody’s teme che sul PNRR l’Italia non sia in grado di attuare le riforme economiche richieste dall’Unione Europea. Questo peserebbe sulle prospettive di crescita del PIL, già basse dopo il rimbalzo del biennio passato. E nel frattempo il costo di emissione del debito continuerebbe a salire. Non solo la BCE aumenterà i tassi d’interesse più decisamente di quanto previsto, ma dopo giugno potrebbe rafforzare il Quantitative Tightening.
Sui BTp Moody’s avverte la BCE tra le righe
Cosa significa? Già dal giugno dello scorso anno ha smesso di acquistare titoli di stato, limitandosi a reinvestirli. Dal marzo di quest’anno, ha iniziato a reinvestire per 15 miliardi di euro al mese in meno rispetto alle scadenze. Questa cifra sarebbe destinata a salire per ridurre la liquidità sui mercati e cercare così di battere l’inflazione. Letta da questa angolazione, Moody’s starebbe implicitamente avvertendo la BCE sulle conseguenze dei suoi prossimi passi di politica monetaria. Una stretta “troppo” vigorosa rischia di fare saltare in aria i BTp, una montagna da oltre 2.300 miliardi di euro.
Ad oggi, non c’è stato mai un soggetto debitore pubblico o privato declassato sotto il livello di “investment grade”. Se ciò accadesse, sarebbe un dramma per l’intero mercato obbligazionario globale. Quasi certamente, i tassi d’interesse saliranno a maggio di un altro 0,25-0,50% con il board della BCE. A giugno, dovrebbe esservi una ulteriore stretta. Il mercato sconta tassi al 4,25% entro l’estate dal 3,50% attuale. Se è vero che i rendimenti decennali dei BTp sono scesi dai massimi toccati nell’autunno scorso, quando si avvicinarono alla soglia del 5% e lo spread schizzò a 250 punti, i report di Moody’s e Goldman Sachs ci ricordano che i rischi fiscali legati al rialzo dei tassi non sono cessati. E se aggiungiamo lo spettro di una crescita economica stagnante, il problema diventa ancora più serio.