Per migliorare e sostenere il sistema delle pensioni è necessario combattere il precariato e i bassi salari. Lo sostiene il presidente dell’Inps Pasquale Tridico alla vigilia del varo del Decreto Lavoro che contiene misure importanti in questo senso.
In Italia c’è un esercito di precari che col loro lavoro sottopagato e spesso a termine non contribuisce in maniera adeguata al sostegno del sistema welfare. Non solo: chi lavora in queste condizioni difficilmente può raggiungere i requisiti minimi per la pensione di vecchiaia.
Lavoro e pensioni cosa cambia col Decreto Lavoro
Secondo i dati del Ministero del Lavoro al 31 gennaio 2023 – sono circa 3,6 milioni i lavoratori con contratto a termine. Di questi, la maggior parte, circa 3 milioni, sono della durata di 12 mesi. Una percentuale superiore del 12% alla media europea e che, nel tempo, mina alla base il sistema delle pensioni.
Per combattere il precariato, il governo ha quindi intenzione di dare un colpo di spugna al ricorso ai contratti a termine da parte delle aziende. Nelle nuove disposizioni di legge sono contenute indicazioni precise su come ci si dovrà comportare, soprattutto in caso di rinnovo di contratti in scadenza o scaduti.
Nello specifico, da quando entrerà in vigore il decreto Lavoro vi sarà l’obbligo tassativo per il datore di lavoro di inserire la causale nel contratto di assunzione a tempo determinato. Cioè la motivazione specifica (non generica) per giustificare il ricorso del lavoratore a termine. Ad esempio, con la necessità di sopperire ad assenze per maternità o malattia.
Sarà più difficile sfruttare il ricorso dei contratti di lavoro a termine in altri casi. Se non per quei datori di lavoro la cui attività è legata alla realizzazione di appalti o progetti di breve durata, più specificatamente per il settore edile. Lo stesso vale per la proroga del contratto di lavoro a termine.
La nuova disciplina normativa
Le disposizioni del decreto non saranno stringenti rimandando più specificatamente alla disciplina dei contratti collettivi di lavoro. In essi, se non già espressamente contenute le clausole che regolano le assunzioni dei lavoratori a termine, dovranno essere inserite. Alcuni settori già lo prevedono, come nel tessile-abbigliamento, alimentare, pelletteria, industrie, ecc. ma tanti dovranno adeguarsi.
Laddove, invece, non sono previste disposizioni specifiche, i datori di lavoro e i lavoratori potranno individuare specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva per ricorrere al lavoro a termine. La causale del contratto dovrà, però, essere vagliata e approvata dalle direzioni provinciali del Lavoro.
In definitiva, non si potrà più ricorrere con tanta leggerezza alle assunzioni a tempo determinato se il datore di lavoro dimostra di non averne specificatamente bisogno. Ne va soprattutto della pensione futura di tanti giovani costretti ad accettare spesso lavori e lavoretti pur di guadagnare qualcosa. Non rendendosi conto di essere sfruttati.